Angelo Ranchino, “rilancio economico, ambiente, ciclo dei rifiuti, rinnovo della partecipate, sono i punti nodali per la città”

Angelo Ranchino, avvocato, è il nuovo vice-sindaco di Orvieto e assessore alle attività produttive, allo sviluppo economico e al patrimonio e sostenitore della prima ora della candidatura di Roberta Tardani a sindaco della città.  Dopo la sua nomina non sono mancati alcuni malumori interni al partito di riferimento, la Lega di Salvini.  Ranchino ha iniziato immediatamente a lavorare effettuando una serie di incontri con i rappresentanti della attività produttive e con i tecnici del Comune per avere un quadro definito del patrimonio pubblico.

Angelo Ranchino non è una novità assoluta nell’amministrazione di Orvieto, è un po’ un ritorno, ma c’è stata emozione al momento della nomina e soprattutto quando è entrato nel “suo” ufficio?

Ovviamente sono tornato con un ruolo diverso ma l’emozione, non lo posso negare, c’è stata soprattutto perché questa volta ho un ruolo di rappresentanza oltre che esecutivo.  Proprio essere vice-sindaco mi preoccupa e spero di esserne all’altezza.  Per quanto riguarda gli aspetti più operativi sono abbastanza vicini alle mie competenze professionali e ritengo di poterle affrontare con più serenità.  Detto ciò sicuramente l’emozione c’è sempre quando s’inizia una nuova avventura che però dura lo spazio della prima mattina, poi si deve necessariamente passare all’operatività.

Leviamoci subito il dente.  Già da prima delle elezioni il suo nome era ricorrente come possibile vice-sindaco e non sono mancanti i malumori sia all’interno della Lega che in città.  Vuole rispondere o chiarire?

Nella maniera più sintetica possibile basterebbe dire che non si può essere simpatici a tutti, ma preferisco rispondere in maniera più completa.  Nella fase precedente la vera e propria campagna elettorale c’è stato interesse nei confronti della mia persona come candidatura a sindaco anche da parte di alcuni esponenti della Lega alle quali con dispiacere ho dovuto declinare la richiesta perché il sindaco deve essere fatto 24h al giorno, sempre e io non avrei potuto assolvere il compito in maniera completa.  Ho, invece, accompagnato il percorso che ha visto nascere la candidatura di Roberta Tardani che ho ritenuto vincente fin da subito.  Questa è la realtà ed è chiaro che in certi ambiti si attendeva un ruolo da parte mia all’interno della coalizione.  Poi i mal di pancia sono normale, ma sarebbe accaduto lo stesso in senso inverso.  Ci sono legittime aspettative da parte di chi ha ottenuto particolari consensi e giustamente vengono spese nella ricerca di un ruolo consono.  Ritengo che il sindaco sia stata abile e caparbia nello scegliere le persone e nel far passare le sue idee nella composizione della giunta e mi sembra che abbia avuto ragione nonostante qualche pressione legittima.

Una delle deleghe più importanti è sicuramente quella legata al patrimonio del Comune, sicuramente più asciutto di un decennio fa ma comunque ancora di un certo rilievo.  E’ stata già effettuata una prima ricognizione?

Fin dal primo giorno ho preso contatto con gli uffici comunali per poter avere un quadro di riferimento.  Non è però facile perché c’è una necessità di classificazione e spesso di identificazione corrette dei beni patrimoniali, nel senso che molti di questi devono essere ancora classificati ed è il primo lavoro che ho dato mandato di svolgere.  Ci sono beni immobili che devono essere ancora accatastati e non lo sono perché mancano i soldi per farlo ma è chiaro che si deve necessariamente arrivare in tempi brevi ad una loro definizione.  Un altro problema è quello degli immobili di pregio con progetti incompiuti e faccio l’esempio del centro della ceramica di Palazzo Simoncelli.  Ho già avuto un incontro con l’architetto Satolli per riuscire a portare a compimento l’intero progetto.  Personalmente ritengo che quando si ha un progetto poi non si possono attendere anni perché, come nel caso di specie, si hanno dotazioni tecniche che rischiano di divenire obsolete ancor prima di entrare in funzione.  Allora si potrebbe attivare il progetto per step successivi e non attendere che sia tutto completato.   Un altro esempio lo posso fare con il Palazzo dei Sette per il quale ho un’idea si gestione complessiva ma il rinnovo del contratto della libreria ci impedisce di avere la disponibilità dell’intero bene.  Per quanto riguarda il Chiostro di San Giovanni sta partendo l’intervento di riqualificazione per poi destinarlo ad enoteca regionale ma dobbiamo assicurare una gestione adeguata.

Poi c’è la partita tutta aperta della Caserma Piave…

Io direi che è l’elemento cardine.  Intanto ho già dato incarico di capire chi c’è dentro e a che titolo.  Bisogna necessariamente partire da qui per poi definire gli step successivi partendo da manifestazioni d’interesse e progetti che devono essere valutati senza pregiudizi e con attenzione.

Invece quale sarebbe la sua idea sul Palazzo dei Sette?

E’ una mia idea che deve essere discussa con tutti, creare un Palazzo del Territorio partendo da un’adeguata musealizzazione del Corteo Storico e mi risulta che il sindaco ha già avuto incontri in tal senso.  Nel Palazzo del Territorio deve andare l’informazione turistica che si deve spostare dal Duomo risparmiando sugli affitti.  Immagino una struttura dove il turista possa entrare trovando informazioni sull’intera Tuscia, continuando sulla scia dell’accordo a suo tempo sottoscritto tra il sindaco di Orvieto e quello di Civitavecchia.  All’interno della struttura si deve proporre un’esperienza territoriale per riuscire a trattenere il turista per più giorni vendendo pacchetti completi e differenziati.  Nella parte superiore del Palazzo dei Sette immagino Corteo Storico e Slow Food che dovrebbe diventare parte integrante dell’offerta con le eccellenze enogastronomiche del nostro territorio.  Il tutto deve avere la guida di un ufficio marketing territoriale da inserire sempre all’interno del Palazzo dei Sette.    E’ un progetto impegnativo che può essere portato avanti per step successivi.  Questa è un’idea di cui abbiamo iniziato a parlare anche in giunta e ci ragioneremo con calma per capire se e come iniziare.

Per quanto riguarda le partecipate?  Non è una sua delega ma ha sempre avuto idee piuttosto chiare in merito, ci può spiegare quali sono?

La questione partecipate non è stata ancora affrontata ma anche in questo caso abbiamo in corso un’approfondita analisi e una ricognizione.  Quello che si può affermare è che tutte le strutture si portano dietro una fase di malfunzionamento sia per una lunga fase di start-up, che inevitabilmente fa aumentare il debito, sia perché fino ad un certo periodo storico gli equilibri di bilancio non costituivano un elemento primario di attenzione.  Dal 2011, con l’obbligo della parità di bilancio, è cambiato tutto anche per le partecipate.  Altra cosa certa è che con il carico debitorio presente e derivante dal passato è difficile trovare dei partner privati interessati ad investire.  Anche la gestione ordinaria, equilibrata ma non ricca, risulta appesantita dal fatto che una parte dei flussi deve essere impegnata per pagare le partite debitorie passate, anche se in alcuni casi spalmate su più anni.  Tutto questo, unito al fatto che alcuni partner storici come la Fondazione non finanziano più come nel passato, porta a risultati minori alle attese.  Su tutto questo bisogna riflettere; si deve scegliere se continuare con le stesse strutture o se affiancare nuove strutture o ancora se farle confluire in un nuovo ente unico, ma è tutto da valutare in seno alla maggioranza.

Un’altra delega pesante è quella allo sviluppo economico e alle attività produttive anche per le criticità evidenziate nell’ultimo Bollettino economico edito dal Centro Studi. Abbiamo però dei punti forti da quali si può ripartire.  Turismo, agricoltura, hi-tech sono gli unici volani oppure l’amministrazione intende investire anche in altri settori?

Il tema è ampio e meriterebbe addirittura una serie di giornate di dibattito e studio.  Proviamo dunque a fare una sintesi.  Il Comune ha leve molto limitate ma quelle disponibili deve muoverle e penso sicuramente alla burocrazia che dobbiamo snellire e già qualcosa stiamo facendo con l’avvio del SUAPE che dovrebbe favorire le imprese che si devono rapportare con la pubblica amministrazione.  Servono risposte in tempi rapidi e questo stiamo cercando di fare.  Ma non è solo il Comune.  L’altra criticità è sicuramente la banca di territorio e anche qui il Comune deve svolgere un ruolo fondamentale nella governance per quanto di sua competenza convocando le tre parti in causa, il possibile acquirente, la BpBari e la Fondazione.  Quest’ultima, non dobbiamo dimenticarcelo, è l’insieme delle persone che rappresentano la città nella banca.  Comune e Fondazione devono rispondere alla città.  Dialogare con SRI Group significa capire quale sia il suo piano industriale e rappresentare quali siano le necessità del Comune e del territorio.  Non penso che sia importante la sede ma l’attenzione al territorio, una vera vicinanza con il tessuto imprenditoriale della città.  Insomma, dobbiamo capire come salvaguardare la banca insieme.

E invece per quanto riguarda le imprese?

Ho concluso da poco un primo giro di incontri con tutte le attività produttive e con gli attori dello sviluppo del territorio, compresa la società che oggi gestisce il Palcongressi che ritengo un tassello importante per l’attivazione di quei processi virtuosi dell’offerta ricettiva del territorio e per un turismo destagionalizzato. Per quanto riguarda l’agricoltura c’è tutta la partita spinosa dei noccioleti dove si deve assolutamente riuscire a coniugare le esigenze dei produttori con quelle delle associazioni senza preclusioni ma tenendo sempre presente che l’aspetto ambientale è centrale a Orvieto.  Sicuramente non ci faremo tirare la giacca da una parte o dall’altra ma cercheremo di portare ad una sintesi senza punire nessuno.  Altro settore importante è quello delle nuove tecnologie.  A Orvieto siamo particolarmente bravi e fortunati perché abbiamo un ciclo chiuso, dai cavi all’hardware abbiamo realtà imprenditoriali presenti nel territorio e l’amministrazione ne deve favorire lo sviluppo.  Tra l’altro il settore è eco-compatibile, quindi senza particolari problematiche connesse. Ultimo punto è la discarica, o meglio il ciclo dei rifiuti.

Quindi i rifiuti possono essere una risorsa economica per la città?

Oggi non si deve più parlare semplicemente di discarica ma di ciclo dei rifiuti.  Non ci dobbiamo dimenticare che a breve tornerà al Comune la gestione del primo calanco con dei costi importanti e non abbiamo la possibilità di trovare i fondi in maniera tradizionale, cioè agendo sulla leva fiscale, ma dovremo fare sistema e far funzionare l’intero ciclo dei rifiuti in maniera ottimale.  Non sto parlando di termovalorizzare ma di differenziare abbattendo i costi e investendo, questo sì, sulla trasformazione almeno di una parte dei rifiuti.  Produciamo rifiuti e riuscire a produrre materie prime secondarie sarebbe interessante ma dobbiamo attendere che si sistemino gli assetti regionali per ragionare con chi è delegato a gestire l’intera politica di settore. Per comprendere meglio quello a cui penso faccio l’esempio delle plastiche da cui si possono ricavale paraffine industriali, da rivendere, e carburante per il trasporto pubblico a costo praticamente zero.  Non è fantasia ma già realtà; qui il Comune può essere attore principale magari con società miste pubblico/private per la gestione dell’intero ciclo di trasformazione e produzione, invertendo l’attuale trend che ci vede come discarica con tutti gli oneri e pochi onori.

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