CariOrvieto, nel silenzio ipotesi di un aumento di capitale tra 15 e 18 milioni di euro ma quando si parlerà del futuro?

Su CariOrvieto è tornato a calare un silenzio piuttosto fragoroso.  Non ci sono anticipazioni sui numeri, non parla il presidente, non parla il direttore generale, non parlano i sindacati.  Anche la politica, a parte l’accorato appello dei sindaci del territorio per non chiudere le sedi, rischio che ha portato alle dimissioni di Marco Fratini dalla Fondazione circa un mese fa, resta in silenzio in attesa di non si sa bene quali mosse.  Continuano invece i rumors sul prossimo futuro della banca orvietana che riferiscono di chiusura delle filiali, cosa ormai arcinota, ma anche di qualche movimento sostanzioso per il rafforzamento patrimoniale.  Sì, si torna a parlare, sempre nei corridoi, di un possibile aumento di capitale oscillante, sempre secondo i bene informati, tra i 15 e i 18 milioni di euro.  Non c’è la conferma ufficiale ma sicuramente gli ultimi due bilanci in rosso e le svalutazioni hanno ridotto fortemente i margini di manovra e allora si attende con particolare interesse il bilancio 2020, quello dell’anno primo del covid, per capire, numeri alla mano, se e di quanto sarà l’aumento di capitale,  Certamente si deve avere contezza dei ratios patrimoniali, innanzitutto, dei “consigli” di Banca d’Italia alla capogruppo MCC e di quello che deciderà anche il socio di minoranza Fondazione CRO che potrebbe anche porre il “veto” così come previsto.

Un rafforzamento patrimoniale è nelle corde alla luce dei bilanci ultimi ma sarà interessante conoscere le eventuali modalità.  Non solo, ma cosa farà la Fondazione? Parteciperà per intero secondo il valore della partecipazione oppure deciderà di diluire la propria quota sottoscrivendone solo una parte?  Si pensa all’ingresso di nuovi soci? Si potrebbe ipotizzare una sorta di concambio tra arbitrato del valore di 5 milioni di euro, che però, molto probabilmente dovrà essere attualizzato, e l’aumento di capitale? E ancora, in caso di diluizione della partecipazione verrà rivisto anche l’assetto della composizione del board e del collegio dei sindaci?

Nel frattempo su CariOrvieto si potrebbe anche abbattere la tegola delle sentenze legate alle azioni di BPBari collocate negli scorsi anni presso i propri clienti.  Una prima sentenza ha dato ragione al ricorrente obbligando la banca al risarcimento integrale della somma, seppure in primo grado di giudizio.  I tempi saranno inevitabilmente lunghi, così come purtroppo ci ha abituati la giustizia italiana, ma intanto in bilancio si dovranno accantonare delle somme consistenti per affrontare le cause, prima e gli eventuali risarcimenti poi.  Ecco che risorse fresche derivanti da un eventuale aumento di capitale sono ancora più necessarie.

E la politica?  Dispersa nelle nebbie, tranne qualche rara eccezione.  La permanenza della SpA rischia di trasformarsi da vittoria a boomerang pericoloso; la paventata chiusura delle 6 filiali e di altre 9 trasformate in agenzie cashless andrebbero ad impoverire la presenza capillare sul territorio, il vanto di CRO.  In tutto questo una lettera, un incontro con la Fondazione e la richiesta di un incontro con i vertici della banca, null’altro.  In altri luoghi, l’Abruzzo, si è mosso l’ad della Popolare di Bari, con tanto di intervista rilasciata al quotidiano online locale ekuonews.it e che abbiamo trasmesso in un’edizione del TG di OrvietoLife grazie alla disponibilità della direttrice, Daniela Facciolini.  Nonostante il covid, ormai divenuto spesso una scusa per evitare di affrontare i problemi, a Teramo, situazione completamente diversa da Orvieto, si è discusso, ci si è confrontati e si è parlato per una giornata intera di banca, di futuro, di progetti di sviluppo e di personale.

Anche qui vorremmo che ciò avvenisse perché esiste ancora una realtà bancaria locale, perché i risparmiatori vorrebbero conoscere il futuro dei lori risparmi così come i clienti vorrebbero cosa cambierà con digitale, profili, e varie voci descritte nel piano commerciale.  Magari CRO potrebbe riprendersi l’antico ruolo di guida spiegando alla città cosa cambierà con l’avvento del digitale, soprattutto nei prossimi dieci anni. E’ chiedere troppo?

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