CariOrvieto, una provincia dell’impero MCC. Fratini, “c’è il rischio che diventi il bancomat per lo sviluppo del Sud”

La banca di territorio diventa parte di un gruppo, Banca del Mezzogiorno-MCC che ha al centro, citiamo testualmente il comunicato ufficiale “il sostegno delle famiglie e delle imprese con un focus ancora più forte sulle Pmi del Mezzogiorno”, queste sono le parole di Bernardo Mattarella, ad del Gruppo MCC.  Andando a leggere sempre nel comunicato, “il nuovo gruppo sarà attivo nel promuovere e incentivare la collaborazione e le sinergie tra banche e istituti finanziari del Sud Italia, abilitare gli investimenti evolutivi e collegare le comunità del Mezzogiorno mediante partnership pubblico-privato”.  Un progetto sicuramente di vasto respiro e ambizioso ma, molto focalizzato in una precisa area geografica, il Sud, che ha ben poco in comune con Orvieto e l’ambito di azione della CariOrvieto.  Molto netto, a tal proposito il giudizio di Marco Fratini, ex-consigliere d’indirizzo della Fondazione CRO, che ha lasciato l’incarico proprio per il piano industriale del gruppo e della banca dove chiaramente era scritto della chiusura delle filiali sul territorio; “direi che alla luce del comunicato mi dimetterei una seconda volta, se fosse possibile. Insomma, siamo andati a dormire in Umbria, a Orvieto, e ci siamo svegliati nel Mezzogiorno, a Bari.  Se si dovesse trattare di un mero abbaglio geografico basta correggere, ma temo che non sia solo questo”.

A parte l’errore geografico c’è la sostanza che preoccupa Fratini, ma dovrebbe preoccupare tutti.  I sindaci dell’orvietano hanno chiesto a gran voce un confronto per la chiusura delle filiali, ad esempio, ma anche gli operatori economici dovrebbero reagire per tanti motivi.  Sempre Fratini, “E’ lo scenario economico del gruppo che stona, tutto focalizzato con il Sud.  C’è il rischio potenziale che i capitali prendano strade lontane e che CariOrvieto diventi il bancomat dello sviluppo del Mezzogiorno”.  Basta poco, ci sono tante operazioni di finanza ordinaria e straordinaria per far pendere la bilancia da una parte o dall’latra secondo le necessità.  “E’ chiaro – spiega ancora Marco Fratini – che ci sia stata l’intenzione di dare maggiore enfasi al Sud ma nel comunicato non è citata mai Orvieto e se fossi un’istituzione chiederei una rettifica geografica, sicuramente, ma soprattutto un maggiore rispetto per la specificità del nostro territorio”.

Nel comunicato, sempre analizzandolo, le parole Sud e Mezzogiorno, appaiono quattro volte in poco meno di 15 righe, e l’unico manager titolato a parlare è Giampiero Bergami, ad della Banca Popolare di Bari, mentre l’altra e cioè CariOrvieto, sembra una sorta di Cenerentola, probabilmente perché ormai da gennaio è, di fatto, senza un direttore generale in carica, ma con un cda nuovo di zecca sempre molto silenzioso.  Verrebbe da pensare che CariOrvieto si trovi all’interno del gruppo per caso, come braccio operativo e, ancora un po’ di autonomia, almeno fino al prossimo aggiornamento del piano industriale.  Intanto, però arriva la web-radio corporate che può essere ascoltata da app, un palinsesto quotidiano con musica, news, promo aziendali e di prodotto.  Il commento di Fratini, non si fa attendere, “quel che è certo che si apre una web-radio e intanto si chiudono le filiali e altre si trasformano in cashless, una bella trovata”.

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3 Commenti

  1. Dalle parole del Sig. Fratini riportate nell’articolo si avverte un atteggiamento molto negativo e avverso nei riguardi del Sud Italia. Eppure tutte le istituzioni e gli economisti concordano che senza il Sud l’italia non potrà ripartire.

    • Neanche per idea. Qui s’intende della completa assenza del territorio orvietano nelle strategie del gruppo MCC-Banca del Mezzogiorno, dell’errore/orrore geografico di collocazione di Orvieto in un’area lontana. Ai potenziali rischi, cito testualmente, che i risparmi di questo territorio partano, come del resto è già avvenuto, senza avere in cambio alcun vantaggio per Orvieto e non solo.

  2. Amo il Sud e non certo solo per il suo mare e sono solo felice che riparta. Auspico che lo faccia con i contributi magari dello Stato e, quindi, di tutti gli italiani. Spero però che gli orvietani, in qualità proprio di italiani, non paghino per questo due volte.

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