Emilio Batalocco ci ha lasciato. Un altro pezzo di storia orvietana che se ne va

Stona quella vetrina chiusa in via del Duomo. Stona la saracinesca abbassata del negozio “Dai Fratelli”, ma la speranza era di vedere tornare presto Emilio al proprio posto, dietro il bancone della storica bottega di specialità artigianali nel salotto buono di Orvieto. E invece Emilio non tornerà.

Emilio Raimondo Batalocco è deceduto nei giorni scorsi al “Santa Maria” di Terni, dove si trovava ricoverato dal 24 aprile in seguito ad alcune complicanze derivanti da un intervento chirurgico subito. La bottega era stata chiusa nel mese di febbraio proprio perché Emilio, 79 anni, marito, padre e nonno, primo di quattro fratelli originari di Civitella del Lago, non stava bene e era rimasto solo lui a gestire la storica attività di famiglia dopo che Filippo, l’altro fratello che con lui la gestiva, aveva scelto altre strade. Così abbassata la saracinesca, Emilio, conosciuto e stimato in città, s’era dedicato alla propria salute, magari con il pensiero di tornare presto in negozio. Purtroppo a mettersi di mezzo sul cammino verso la guarigione dall’intervento che aveva subito, ci si è messo il Coronavirus, che Batalocco, ha quasi certamente contratto in ospedale. La scorsa settimana, proprio a causa della scoperta di due operatori sanitari risultati positivi al Covid-19, anche a molti pazienti è stato effettuato il test orofaringeo e dagli esiti sono risultati positivi due pazienti, uno di Orvieto e uno proveniente da fuori regione, che sono stati subito trasferiti nel reparto di malattie infettive. Batalocco è deceduto il 13 maggio. Dopo una vita passata tra le migliori specialità orvietane, tra il meglio della gastronomia locale, formaggi, salumi, tartufi, cinghiale, composte, Emilio è uscito di scena, come quella testa di cinghiale, sempre esposta accanto alla bottega.

Quella dei fratelli Batalocco è un’altra delle attività storiche che Orvieto vede scomparire: arrivati a Orvieto nella metà degli anni ’60, “Dai Fratelli” ha saputo servire nel tempo generazioni di orvietani, e un numero impossibile da determinare di turisti che immancabilmente sono rimasti attratti dalla vetrina e dal banco sempre in perfetto ordine, dai prosciutti e salami, appesi, dal profumo inconfondibile della bontà umbra. Apriva presto la mattina Batalocco, perché i bambini allora erano soliti fermarsi a comperare i panini prima di andare a scuola e se capitava che non ci fossero gli spiccioli per il resto nessun problema Batalocco rimediava con caramelle sempre gradite. E quante famiglie di soldati nel giorno del giuramento hanno acquistato i prodotti Batalocco prima di tornare a casa. Tutto in quella botteguccia, nemmeno poi troppo grande ma affacciata su via del Duomo, casa del passeggio orvietano, era nostrano, perfino le aringhe. Risate e sfottò a iosa per quel cartello scritto a mano su carta gialla, la stessa che usava per incartare i prodotti, con su scritto “aringhe nostrane” o per quel “pecorino gnorante di Emilio”. E poi arriva un virus e quel che era, e sempre è stato, non è più.

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