Google in down e viene a galla il vero problema dell’orvietano, troppe aree senza banda larga ma i soldi ci sono

Quello che tutti temevano è avvenuto il 14 dicembre: in down per circa un’ora i servizi Google e il mondo si è quasi fermato.  Niente mail, niente riunioni, niente didattica a distanza, niente video e niente app da scaricare.  Per un’ora l’istruzione italiana si è di fatto fermata, sospesa, in attesa che Google riprendesse a funzionare regolarmente.  In effetti dopo meno di un’ora progressivamente tutto è tornato normale.  Il down di Google, però, non è il solo ostacolo che devono affrontare smart-workers e studenti digitali in questo 2020 disgraziato.  Il problema del digital divide è ancora più attuale oggi in Umbria e a Orvieto.  La legge prevede che tutte le aree anche in “fallimento economico” (vale a dire quelle che non permettono un ricavo diretto ai provider internet ndr) devono essere coperte dalla banda larga.  Sì, avete capito bene, anche i piccoli paesi e le frazioni devono essere connessi alla banda larga e non in modalità wi-fi, ma con la rete fisica.  Poi ognuno può scegliere se abbonarsi al gestore con rete o a quello senza fili, ma in piena libertà e in nome della libera concorrenza che, di fatto, in molte aree dell’orvietano non è assicurata.  In alcune zone addirittura c’è il monopolio tra l’altro a velocità ridotta, con il vecchio sistema adsl.

Eppure a ben guardare fin dal 2016 sono stati stanziati dei soldi, e tanti, per assicurare la banda larga nelle varie frazioni della città e nei quartieri più popolosi.  Spesso la risposta è: ma la banda larga c’è, la copertura è attiva.  Sì. è attiva quella “FTTC”, cioè con la fibra fino al “cabinet” dell’operatore, poi i dati si ritrovano a viaggiare nell’imbuto del doppino di rame con una perdita di velocità netta.  Altro discorso per il collegamento “FTTH”, questo effettivamente porta in casa la banda larga viaggiando tutto su fibra.  Ma sono solo pochi fortunati ad avere tale opzione, a fronte di spese che devono affrontare direttamente i privati.

Se fino ad inizio 2020 il problema era piuttosto sottotraccia, tanto serviva connettività per lo streaming, massimo qualche skype con il parente lontano, oggi con intere famiglie di fronte al pc per lavoro e didattica, le magagne sono venute a galla.  Nelle scuole, nonostante i finanziamenti, le linee non reggono le numerose connessioni contemporanee, qualche azienda non viaggia a velocità compatibili con il tipo di produzione e esigenze connesse ed ora anche i privati iniziano a registrare problemi, soprattutto quelli non raggiunti da connettività a banda larga.

Il vero nodo sta nell’andare a capire quale sia il cronoprogramma della nuova rete nelle zone bianche e non solo.  C’è, ma è di difficilissima lettura, non per tutti e le informazioni arrivano con il contagocce, come se ci fosse un vero e propri muro di gomma che si adatta alle sollecitazioni pur di non aprirsi.  Addirittura come se si attenda la fine della pandemia per spostare l’attenzione su altro e riprendere con la normale routine.  Ma non è così.  La pandemia ha solamente accelerato la digitalizzazione dei processi e del lavoro che già era in essere prima di marzo di quest’anno.  E la crisi economica già in atto e che sarà più acuta il prossimo anno nonostante il rimbalzo del PIL previsto, inviterà sia il settore privato che quello pubblico, anche se quest’ultimo con tanta lentezza, a continuare sulla linea digitale per tagliare costi come locazioni, buoni pasto, buoni carburante, energia, gas, acqua, balzelli locali e regionali di varia natura.

Allora sorge qualche domanda che speriamo raccolga qualcuno all’interno delle istituzioni comunali e regionali; quando sarà coperta la gran parte di Orvieto dalla banda larga? Esiste un cronoprogramma?  Con quali criteri vengono scelte le aree da coprire? Chi è responsabile dei lavori?  Solo così ci sarà vera trasparenza ma soprattutto si potranno dare risposte certe ai tanti cittadini che ancora oggi non hanno accesso ad una connessione rapida per le loro esigenze lavorative e di studio.

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