La Libreria senza libri è uno schiaffo alla città

Questa foto della Libreria dei Sette svuotata dei libri che Claudio Lattanzi ha pubblicato su FB è di una tristezza infinita. Certo aver scelto di rimuovere i volumi dagli scaffali proprio il giorno di Natale, per quanto ciò fosse stato già annunciato, può apparire come uno sgarbo verso i propri clienti e verso la nostra città che , quella libreria,  ha accolto e frequentato per decenni.
In effetti a fronte della crisi che questo specifico settore del commercio tradizionale sta attraversando in tutto il mondo si comprendono le difficoltà economiche del libraio orvietano, ma è innegabile che a Orvieto questa vicenda, che ormai si trascina da più di un anno, abbia assunto toni e risvolti a dir poco assurdi.
Ero assessore al bilancio quando dovetti relazionare alla giunta circa l’istruttoria svolta sulla richiesta di dimezzamento del canone di affitto di quei locali comunali avanzata dall’azienda affittuaria come condizione imprescindibile per il proseguo della propria attività.  Sfortunatamente  sentiti i dirigenti comunali, lette le leggi vigenti e consultati gli organi di controllo l’esito, al di la di ogni scelta o preferenza di merito,  fu inequivocabilmente chiaro: No. Non si può fare!
Ma si sa che a Orvieto, talvolta,  ciò che altrove viene compreso e inteso esattamente come un semplice e categorico  “No, non si può fare” diventi, qui da noi , una sorta di  “Ecco, non lo volete fare!”.
Così sono iniziate le polemiche con il lancio di appelli accorati se non pelosi di intellettuali domestici e nazionali, la convocazione e lo svolgimento di assemblee popolari, la raccolta di firme e le scontate litanie denigratorie verso l’insensibile e guercia Amministrazione comunale.  Contestualmente sono proseguite, e credo stiano tutt’ora proseguendo, gli incontri tra il Comune e i titolari della Libreria dei Sette per trovare altre e diverse soluzioni per così dire per venirsi incontro. Se così non fosse immagino che l’azienda in questione abbia ottemperato a saldare al Comune le quote di affitto arretrate eventualmente ancora da saldare e, a fronte dell’avvenuta chiusura del proprio esercizio commerciale, a inoltrare al Comune di Orvieto la raccomandata R.R. di disdetta del contratto di affitto dei locali occupati. Ciò consentirà all’amministrazione il ristoro dei propri conti pubblici e di poter avviare nuove procedure per l’assegnazione dei locali liberati a un nuovo soggetto imprenditoriale per la riapertura, eventualmente, di una nuova altrettanto prestigiosa libreria orvietana.
Non mi sorprende che una parte di orvietani potranno pure prender spunto da questi fatti per ribaltarli a nutrimento delle rispettive simpatie o antipatie politiche, ma soprattutto ho avuto la conferma che c’è stata una parte, ancor più minoritaria,  di orvietani che in questa vicenda, come in altre nel corso di questa consiliatura per le gare pubbliche di appalto svolte per il Teatro, per la Scuola di Musica, per il Palazzo dei Congressi , ecc.. ,  che ha tentato di piegare o comunque di condizionare l’amministrazione verso scorciatoie che, in nome di un’ipotetica salvaguardia culturale, sarebbero risultate del tutto illegittime se non palesemente illegali.
In conclusione, questa irriducibile minoranza di orvietani, dovrà convincersi che qui non c’è più nessun amministratore onesto e indipendente disposto a sputtanare la propria reputazione personale sotto ricatto politico o peggio elettorale.

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