Le replica dei consiglieri di opposizione sull’occasione persa e non solo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la replica alla nota che abbiamo pubblicato dal titolo “La grande occasione persa dall’opposizione, la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto”   

 

Caro Li Donni,

noi eravamo rimasti all’idea che chi fa giornalismo, lei l’ha detto più volte, cerca di resocontare tenendo conto delle posizioni in campo, per cui ci aspettavamo non certo benevolenza ma almeno rispetto per la differenza delle opinioni. Ci aspettavamo semmai un’altra bordata dai colleghi della maggioranza, oltre che da Olimpieri, ma da lei!

Invece, ci ritroviamo una vibrante reprimenda, accusati di aver perso una grande occasione. Comunque sia, alla sua scortesia noi rispondiamo come vede con cortese sollecitudine, non certo per giustificarci ma per spiegarci si, avendo rispetto dei cittadini a cui abbiamo il dovere di far capire perché prendiamo le posizioni che prendiamo.

La ragione di fondo che ci ha portato a non accettare la proposta del collega Olimpieri per la cittadinanza onoraria al Milite ignoto è semplice: ci sono differenze di cultura politica, di visioni della società e ancor più semplicemente di orientamenti generali, che in certi momenti e su certe questioni emergono inevitabilmente.

Questa è una di quelle occasioni. E qui, non essendoci di mezzo problemi dirimenti per la città, per il territorio e per la nazione, giustappunto!, ci siamo permessi, senza strategie particolari, di non venire a patti con le nostre convinzioni per un bene superiore. Perché non c’era di mezzo un bene superiore.

In verità non c’era di mezzo neppure l’idea di patria e la riscoperta di un “sano” patriottismo, come abbiamo udito dagli interventi di alcuni colleghi consiglieri. Se di Patria e di nazione si voleva discutere, si sarebbe dovuto allora presentare un altro contenuto. Saremmo stati ben lieti, noi ammiratori incondizionati di Pertini, di Ciampi, e di quanti altri tengono alla bandiera e alla dignità dell’Italia, di poter discutere nel merito di che cosa intendiamo per patria oggi. Quali le basi, le ragioni essenziali, per condividere l’invito al senso di appartenenza alla nostra nazione Italia.  Perché si sa che il concetto di patria, di nazione, ma anche di popolo, sono concetti storici che hanno subito rilevanti mutazioni prima e nel corso del Novecento e non possono essere relegati ad un disegno geopolitico né tirati per la giacchetta a seconda delle convenienze.

Nel voler pretendere un ruolo attivo nella costruzione/ricostruzione della nostra identità nazionale non serve l’orgoglio dovuto per amor di Patria, ma la capacità di riconoscere i processi storici, i limiti, come anche le virtù, non dell’essere italiano, ma dell’essere cittadino italiano. Non è esattamente la stessa cosa l’identità invocata con le classiche mitologie simboliche che postulano un popolo passivo e manovrabile, e una identità che invece fa perno sulla consapevolezza di diritti e di doveri di cittadinanza.

Abbiamo motivo di sentirci fortunati come di non esserlo, a seconda di ciò che prendiamo in considerazione ma abbiamo l’opportunità di cambiare se liberi da falsi miti e rigide definizioni. Gli strumenti sono ben sanciti nella Carta costituzionale della Repubblica Italiana.

In realtà non era in questione nemmeno il fatto storico richiamato nella proposta. Quel fatto sta lì, ci sono i monumenti a ricordarcelo e ognuno di noi non si sognerebbe nemmeno di contestare la forza del ricordo che essi evocano. Tuttavia, sarebbe stato opportuno soffermarci proprio lì, nella storia di come fu gestita l’idea del milite ignoto, in quanto lì c’è pure la cattiva coscienza di ambienti militari, politici e civili, di aver mandato al massacro ragazzi di 17 anni e di aver massacrato un popolo e di aver piegato per incapacità e vera perversione politica, un’intera nazione. E è in quel clima che prese piede poi l’avventura fascista.

No, caro Li Donni, si è trattato di altro. Almeno noi l’abbiamo vissuta così. Porre un problema di riscoperta della vicenda del Milite ignoto nel momento in cui stiamo affrontando il dramma di un Paese che sta scivolando verso un avvitamento e ha bisogno di uno scatto per trovare la forza della sua rinascita, lo facciamo riproponendo a simbolo di unità e di forza reattiva la retorica del sacrificio bellico? Il bel gesto di chi si immola per salvare la patria attaccata da vili potenze straniere? Bah, ci si lasci almeno il diritto di perplessità!

Probabilmente non era nemmeno questo che voleva Olimpieri, ma certo ci fa pensare anche a questo. Avrebbe dovuto magari ricordare e dire che il milite ignoto era uno dei ragazzi che non si sacrificarono per scelta, ma perché mandati vigliaccamente a morire. Non una parola su questo significato. E allora il significato era evidentemente diverso. Perché in politica, e non solo in politica, conta non solo quello che si dice e si fa, ma contano le circostanze in cui qualcosa si fa o si propone di fare.

Noi dobbiamo trovare nuove ragioni dello stare insieme per ricostruire un Paese in difficoltà. Non può essere fatto in nome di un concetto di patria che nasce dall’uso strumentale del dolore fatto patire ad un intero popolo trasformato poi dagli stessi in autocelebrazione. È aperta la partita del futuro, e noi la vogliamo giocare in modo un pò più chiaro, più alto e positivo, di quanto non ci abbia fatto respirare questa proposta fatta e trattata come abbiamo visto.

Caro Li Donni, ci lasci per cortesia le nostre opinioni ed eventualmente anche il diritto di sbagliare. Peraltro, proprio perché sapevamo che un confronto di fatto sarebbe stato viziato da pregiudizi, ci siamo allontanati, solo per sottolineare il nostro dissenso. La proposta era già nata approvata. Le nostre ragioni non potevano avere spazio, lo dimostrano gli interventi successivi ai nostri, nei quali ci sono state attribuite espressioni mai utilizzate e addirittura l’essere “complici dei Gulag russi e delle Foibe titine”. Ma non importa. Noi manteniamo fede a ciò che pensiamo sia giusto e opportuno. Ci si lasci questa libertà.

 

 

I consiglieri

Franco Raimondo Barbabella, Cristina Croce, Giuseppe Germani, Federico Giovannini, Martina Mescolini

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Cari consiglieri di opposizione,

fin da subito non ho concordato con l’iniziativa del consigliere Stefano Olimpieri, il Milite Ignoto è di tutta Italia e cittadino onorario di tutta Italia.  Questo per chiarire.  L’articolo non è cronaca, ma un editoriale, mi sembra chiaro ed evidente.  Onestamente finché c’è libertà di opinione lascerò spazio a tutti ma ritengo altrettanto giusto che chi scrive abbia libertà di espressione e di opinione, garantita anche dall’articolo 21 della Costituzione.  Quale sarebbe la scortesia?  Non la vedo, certamente ho scritto il mio personale pensiero ma senza insultare.  Ho visto travisate le parole di Giorgio Gaber, sarebbe bastato andare a ricercare qualche sua intervista per capire che l’intento era proprio “sentirsi italiano”.   A parte la polemica, che ci sta, l’occasione persa riguarda proprio il dibattito sul significato di Patria e Nazione.  Sarebbe stato molto interessante, conoscere le idee e le opinioni dei consiglieri di opposizione che invece hanno preferito, non tutti, uscire dall’aula.  Sarebbe stato interessante avere contezza del “no” e invece non si votato.  Le questioni storiche rimangono lì, chiare, e come tutti i Militi Ignoti sono frutto di una scelta errata e drammatica: la guerra.

Eppure in altri Paesi essere orgogliosi di appartenere ad un sentimento comune è normale senza riferimenti al passato.  Per carità, non ho fatto riferimento né ai Gulag né ai titini, che durante il dibattito non sono stati citati, proprio perché volevo rimanere estraneo a legami con il passato.  Il problema allora è Stefano Olimpieri, mi viene da pensare.  E come diceva Andreotti “a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”.   Voi scrivete, “ci sono differenze di cultura politica, di visioni della società e ancor più semplicemente di orientamenti generali, che in certi momenti e su certe questioni emergono inevitabilmente”; sul Milite Ignoto non ci dovrebbero essere differenze.  Poi possiamo discutere di tutto e di tutti, ma su alcuni punti fermi assolutamente no.
Uscire dall’aula, questa è stata l’occasione persa, sicuramente.  Chi manca, chi è assente ha sempre torto, ci dicevano anche a scuola, e nulla è cambiato da allora.

Grazie della sollecita risposta che, come vedete è stata pubblicata senza alcuna censura proprio perché credo fermamente nell’articolo 21 della Costituzione che troppo spesso viene tirato per la giacchetta a seconda delle convenienze.

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