Lo StramBotto di Marzia Elisabetta Polacco

di Marzia Elisabetta Polacco

“Ci si può smarrire in una sera d’estate fra i campi riarsi dal sole impietoso di luglio e vagare per sentieri ombrosi in cerca di una promessa d’aria più fresca.
E ci si può trovare, accaldati e stupiti, sul ciglio di un luogo immoto, dove la ghiaia sotto i piedi risuona come il ticchettio di un tempo che improvvisamente mostra la propria implacabile illusione.

Ci si guarda attorno colmi di meraviglia per quella quiete che non è solitudine, ma l’incontro di desideri simili e si scoprono volti sorridenti, increduli nel riconoscersi così prossimi ad annullare le distanze.

Si ascolta attenti di animi intrepidi e coraggiosi rischiare la vita durante la guerra e l’italiano stentato della terra di Albione diventa la nostra lingua, noi i salvatori.

E quando la storia si sposta un po’ più in là, quando le rocche diventano potere e la fedeltà moneta di scambio, siamo anche noi mercenari di ventura, carichiamo la balestra di retro al nostro scudiero e preghiamo di aver salva la pelle.

Il re di Francia siede a pochi giorni di cammino, il signorotto sbeffeggia il nemico del giorno e dalle alture di Crécy piovono frecce che danno la morte.

Ma… Oh no, non c’è di che angustiarsi se le voci dei tuoi compagni intonano un coro giocoso e il vino si celebra quasi fosse un dio e il vescovo è un asino e il grembo di una donna rifugio sicuro.

Cantano, e tu con loro, tutti insieme, pubblico e cantori, si alzano le voci fino in cielo ad affermare la nostra esistenza, si battono le mani per tenere il tempo, ma quello è dispettoso e fugge, quasi fosse una ninfa fra i boschi.

Del resto cos’è, cos’è davvero il tempo qui al Botto, se non un intreccio meraviglioso di attimi vissuti e ascoltati, vicini i più lontani, familiari quelli ignoti, attimi che si mescolano ai sorrisi consapevoli di chi sa che il presente nasce continuamente dal nostro passato.

Al Botto un sabato sera di luglio negli occhi di chi c’era, ho visto la nostra umanità così impalpabile eppure densa di perché, ho visto antenati incedere zoppicanti sul nostro incerto futuro, ho visto un tramonto che risuona di vita.

Al Botto un sabato sera ho visto me stessa.”

 

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