Untore? solo se vieni dall’estero altrimenti no problem

C’è una spasmodica ricerca dell’untore da quando è iniziata questa terribile e tragica pandemia.  Ma esiste davvero?  Dal Vocabolario Treccani: “si chiamarono untori coloro che nella peste di Milano del 1630 furono sospettati di diffondere il contagio ungendo persone e cose (per es., le porte delle case, le panche delle chiese) con unguenti malefici; contro di essi si scatenò spesso l’ira popolare, e si dette anche corso a persecuzioni giudiziarie.” Secondo la definizione, quindi, ci sarebbe stato qualcuno, o più di uno, che volontariamente ha infettato gente in giro per il mondo.  Questa è la teoria complottista che vede tranelli e agguati ogni dove.  La realtà è diversa.  Si devono rispettare le regole ma chi deve decidere non deve essere guidato dall’isteria collettiva, altrimenti anch’egli diverrà vittima della “teoria dell’untore” che fino a prova contraria non esiste.  E’ umano che ci sia paura, diffidenza ma se poi questa è avvalorata dal comportamento di chi deve decidere allora la cosa si fa grave.  

A marzo, a inizio pandemia, gli untori erano i viaggiatori, coloro che avevano partecipato ai veglioni di carnevale, a Orvieto ad un festival di ballo.  In realtà chi ha partecipato a tali eventi lo ha fatto in piena buona fede tra l’altro in un momento storico in cui tutti predicavano tranquillità, brindavano con lo spritz nei bar delle movida milanese, tranne poi comunicare la loro positività al virus, e invitavano a visitare le nostre città d’arte.  Ad aprile gli untori erano i runners, i proprietari di cani che chiedevano di poter svolgere la propria attività sportiva o di portare a passeggio le povere bestiole per i loro bisogni fisiologici.  A maggio si riapre l’Italia piano piano e gli untori sono diventati i frequentatori di bar e ristoranti.  A giugno la Grecia comunica che l’apertura dei confini viene rinviata di due settimane.  “I greci sono razzisti con gli italiani!” si è urlato, “mai più i soldi dei veneti in Grecia visto che non ci vuole”, tuonava il governatore Zaia.

La Grecia ha avuto la sola colpa di essere prudente, di non voler danneggiare ulteriormente il proprio settore trainante, quasi unico e cioè il turismo.  Da luglio tutto torna alla normalità, o meglio alla normalità da coronavirus.  Permane il distanziamento, l’obbligo di indossare le mascherine nei luoghi chiusi e l’igiene delle mani.  Permane in Italia e in Grecia.  Per la cronaca siamo arrivati a luglio.  In Italia iniziano nuovamente le feste, sempre più spesso si vedono persone senza mascherina “azzeccate” in ogni luogo pubblico, discoteche stracolme e spiagge come formicai.  E’ così nei luoghi delle vacanze di massa.  E allora il nuovo mantra è “spendete in Italia!”.  Per fortuna in Germania, Francia, Olanda, Belgio non spingono per le vacanze autarchiche, altrimenti sarebbe stata un’estate oltremodo tragica per le strutture italiane.  E allora torniamo al discorso iniziale.  E’ permesso andare in vacanza all’interno della Ue? Sì. E’ permesso andare a ballare? Sì. Si sono commessi degli errori nella gestione della fase tre? Sicuramente. E soprattutto noi cittadini abbiamo compiuto degli errori?  Certamente sì.  

Che i luoghi affollati e le discoteche fossero a rischio era cosa nota a tutti e, bisogna darne atto, il governo non ha mai autorizzato la riapertura di queste ultime, lo hanno fatto le Regioni in maniera autonoma, autorizzando sagre e similari in nome del recupero della stagione turistica a tutti i costi.  A rimetterci sono così gli altri a partire dalla Grecia come se tutti i turisti italiani si fossero radunati nelle isole della movida ellenica.  C’è anche un altro tipo di vacanza che esula dagli assembramenti a tutti i costi.  C’è chi in Italia non decide di andare a fare nottata nei locali affollati e c’è chi in Grecia sceglie di evitare con cura Mikonos o Paros.  E comunque i turisti che tornano nei propri luoghi di residenza sono obbligati ai tamponi solo se provenienti dalla Grecia (Croazia, Spagna e Malta ndr) mentre se hanno frequentato una delle tante spiagge affollate o una delle tante feste super-frequentate in giro per l’Italia: no problem.  Eppure si può essere positivi asintomatici comunque e allora qual è la differenza? Non è dato saperlo; intanto da Porto Rotondo a Roma, alla Puglia si moltiplicano le foto e i post che dimostrano il mancato rispetto delle regole.  Positivi? Non si sa perché non c’è alcun obbligo di tampone, basta non aver varcato i confini nazionali. Se invece sei all’estero dove non è stato registrato mai alcun caso di positività, rispetti e vengono rispettate le regole, si utilizzano le mascherine quando previsto, questo non basta per essere esente da quarantena e tampone; se poi a lavoro o al ritorno a scuola o magari in casa ti ritrovi ad essere vicino ad un asintomatico proveniente da qualche luogo italiano dove non si rispettano le regole?  E’ solo sfortuna del poverino e tua, egli non è un untore involontario perché ha fatto le sue vacanze in Italia e non come te all’estero; ha frequentato discoteche e luoghi affollati in Italia, e non come te che hai prestato attenzione e hai evitato ogni occasione di assembramento anche al mare; magari ha anche utilizzato il bonus vacanze, se ci è riuscito, mentre tu non ne hai avuto diritto perché hai scelto di portare i soldi fuori Italia.

Allora buon tampone al rientro, buona quarantena e incrociamo le dita sperando di non imbatterci in un untore che però ha seguito gli umori e i post dello spendiamo in Italia: amen!

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