Controllo da remoto dei pazienti, una sfida da cogliere al volo per far tornare Orvieto centrale

L’emergenza covid-19 ha aperto il dibattito nel mondo sanitario sulla grande valenza della sanità di territorio e sull’utilizzo delle nuove tecnologie per ottenere il duplice risultato di decongestionare gli ospedali ed avere risparmi annui piuttosto importanti da investire in ulteriori servizi per i cittadini.  In tal senso va vista la recente decisione presa dalla USL Umbria2 di dotare l’ospedale di Orvieto del “controllo da remoto”.  La definizione in se potrebbe lasciare indifferenti ma in realtà si tratta di un servizio innovativo di grande importanza per i pazienti cardiopatici, ad esempio, con pacemaker o defibrillatori impiantati.  Questa è, infatti, la prima applicazione del nuovo servizio ma già all’orizzonte si potrebbero individuare nuovi settori, ad esempio la diabetologia, su cui puntare.

Ma quali sono i reali vantaggi per il paziente?  Sicuramente un miglioramento non indifferente della qualità della vita e della puntualità dei controlli di routine che sarebbero effettuati giornalmente e non più a intervalli regolari, questo permetterà di evitare che alcuni arrivino in “affanno” e tramite Pronto Soccorso al ricovero in reparto.  Anche le cure potranno essere dispensate con maggiore celerità e puntualità ma soprattutto veramente personalizzate, potremmo dire “tagliate addosso su misura” al paziente che si troverebbe a ricorrere alle cure ambulatoriali programmate per il controllo dei device e ricoverato solo in fase di acuzie delle patologie.  Non ultimo ci sarà una sicura ottimizzazione dei tempi di sostituzione di batterie e generatori dei device impiantati.

I risparmi? Innanzitutto sono evidenti quelli in termini di costi sociali, ma anche dal punto di vista della USL quelli potenziali sono piuttosto interessanti anche perché, ricordiamolo soprattutto in questo periodo, la sanità pubblica universale gratuita è pagata dalla tassazione generale e ogni ottimizzazione dei tempi e dei costi va a riverberarsi immediatamente sulla qualità e quantità dei servizi erogati.  Facciamo un solo esempio esemplificativo: il risparmio sui costi dei cosiddetti “taxi sanitari”.

C’è un unico grande punto di domanda che riguarda la risposta della medicina, insomma dei professionisti e della USL stessa che da una parte si è lanciata oltre l’ostacolo ma dall’altra non ha previsto, almeno stando ai documenti visionabili nell’albo pretorio, alcun tipo di investimento sulle risorse umane e professionali necessarie per l’attivazione del servizio.

Qual è il rischio evidente? Semplicemente che si costruisca la solita cattedrale nel deserto con tanto di inaugurazione per poi lasciare tutto nel cassetto perdendo una grande occasione di sviluppo ma soprattutto si andrebbe a perdere una grande occasione per rendere Orvieto centrale nel servizio sanitario almeno della USL di riferimento.  C’è poi il ruolo che vorranno giocare i professionisti, non servono dannose divisioni magari dettate da antipatie o gelosie, ma il rilancio nei confronti della USL affinché confermi gli impegni presi e soprattutto investa in credibilità, strumentazioni, professionisti e personale per una sanità non solo ospedaliera ma di territorio pronta, tecnologicamente avanzata, inclusiva e rilevante per i territori confinanti sia regionali che extra-regionali riportando Orvieto dalla periferia al centro in uno dei settori che tutti gli analisti demografici ed economici ritengono fondamentali per un rilancio del territorio.  Questa è la sfida reale, quella che i cittadini, gli amministratori, i professionisti, i sindacati e i lavoratori non possono ma soprattutto non devono perdere, altrimenti si rischia di essere ancor più marginalizzati e divenire periferia della periferia sia di quel territorio che in molti definiscono Tuscia sia dell’Umbria che della Provincia di Terni.

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