PD e Liste Civiche, “la verità sul servizio idrico: verso una malcelata privatizzazione”

Si è conclusa lunedì, con l’approvazione all’interno dell’assemblea dei soci azionisti della S.I.I. scpa, l’operazione economico-finanziaria con la quale Umbriadue Servizi Idrici scarl, società controllata da ACEA spa, ha acquistato il 15% del 18% delle quote detenute da A.S.M. Terni spa, andando così a detenere il 40% del 49% delle azioni di partecipazione del privato all’interno della S.I.I.  Un’operazione che ha determinato una notevole iniezione di liquidità in quanto oltre i 6,041 ml di euro che verranno versati al Comune di Terni per l’acquisizione delle quote, ACEA si è impegnata a garantire credito per altri 10 ml (per pagare le società operative – A.S.M. Terni spa e A.M.A.N. scpa –  e la stessa Umbriadue per opere di manutenzione e interventi straordinari) ed altri 10 ml per liquidare tutte le spettanze che i Comuni vantano nei confronti del S.I.I. (canoni e quote di mutuo).  Viene così spazzata via l’eventualità per i Comuni di dover far fronte, attraverso il versamento di un contributo, calcolato in base alla quota azionaria di ciascuno, agli oneri assunti dalla società per la realizzazione delle iniziative necessarie al conseguimento dello scopo sociale. Questo in sostanza quanto sancito dal vituperato art.8 che grazie a questa operazione è stato eliminato dallo statuto.

Ora, posto che SII è una società consortile per azioni, è evidente che eventuali debiti sarebbero comunque a carico dei soci proprietari e quindi dei Comuni.  Sorge pertanto spontaneo chiedersi come il gestore privato di maggioranza (che ha garantito di accedere a nuovo capitale di credito per circa 30 ml di euro per SII, per i pagamenti sopra menzionati) preveda di coprire il nuovo indebitamento.  Si è sostanzialmente agito mossi dalla sola logica del hic et nunc, senza predisporre un piano economico di risanamento capace di scongiurare un aumento del costo del servizio e conseguentemente delle tariffe.  Come si può dunque continuare a sostenere che non si stia andando verso una privatizzazione della gestione dell’idrico?

Non rassicura di fronte a questo scenario l’obbligo di rendicontazione trimestrale all’assemblea dei soci imposto dal nuovo statuto all’Amministratore Delegato. Amministratore Delegato, a nomina del privato, i cui poteri, ulteriormente ampliati dal nuovo art. 12, ricomprendono quello di definire budget e piano strategico, licenziare, definire la struttura organizzativa e operativa. Parlare di servizio pubblico significa per gli enti pubblici il dovere di interrogarsi su come intervenire per ridurre i costi gestionali, posto che è giusto che chi più consuma più paghi, come previsto già dal nuovo sistema di tariffazione ARERA.  Appare fin troppo evidente come questa operazione sia stata gestita dal comune di Terni, il quale, detenendo il maggior pacchetto di azioni all’interno di quel 51% in mano ai soci pubblici, può, con il solo apporto dei soci privati e anche solo di un piccolissimo comune, determinare l’indirizzo all’interno dell’assemblea dei soci.  Infatti, l’articolo 12 (ora art.10) rimane invariato e riporta la percentuale del 76% dei rappresentati del capitale (pubblico e privato) come quella necessaria per prendere e far approvare decisioni di natura straordinaria.  Del resto, come chiarito dalla Corte dei Conti con la deliberazione 77/2019, il controllo pubblico non sussiste qualora vi siano vincoli statutari che dispongano il necessario consenso del socio privato per decisioni amministrative di natura straordinaria. Da qui la sollecitazione della stessa Corte dei Conti a predisporre un patto parasociale affinché venga richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale.

Duole dunque constatare come nessun Comune sia intervenuto durante la trattazione per definire un diverso coinvolgimento degli altri Comuni all’interno dell’assemblea deliberativa.  Questo testimonia la mancanza di coordinamento con cui il nostro territorio si sta muovendo, con l’inevitabile esito che le legittime posizioni di ogni singolo Comune sono destinate a contare poco o nulla.   Rimane solo un ricordo il tentativo di portare avanti uniti le istanze, non di 20 mila cittadini, ma di un territorio di 60mila cittadini. Rimane un ricordo perché all’orizzonte non si intravede più chi aveva l’onere e l’onore di fungere da collante, il comune capofila che sarebbe dovuto proprio essere Orvieto.

Comments

comments

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*