Stanislao Fella, candidato in Regione per Forza Italia, “non è un cambio di casacca ma un’occasione per far rinascere l’Umbria dopo l’oscurantismo della sinistra”

Stanislao Fella ha rotto definitivamente gli indugi con Forza Italia annunciando la sua candidatura per le prossime regionali del 27 ottobre.  La sfida sembrava essere ancor più difficile ma la ritrovata unità del centro-destra potrebbe riservare delle sorprese.  Fella, dopo aver incontrato Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, è pieno di entusiasmo ed è convinto di poter avere un buon risultato nonostante il passaggio dalla Lega a Forza Italia “che non è un cambio di casacca perché rimango all’interno dell’alveo del centro-destra, ma ad una richiesta così importante non avrei potuto dire di no”.

Perché ha preso la decisione di candidarsi alle prossime regionali?

L’idea di candidarmi c’è sempre stata ed avevo dato la disponibilità perché la ritengo fondamentale nei confronti dell’elettorato.  L’obiettivo è chiaramente quello di vincere non per vantaggi personali ma nell’ottica di dare il proprio contributo per cambiare in meglio il mondo, l’Italia e, per quanto mi riguarda, la propria Regione. C’erano state precedenti occasioni in cui mi era stato chiesto di candidarmi, anche recentemente e come ho spiegato proprio ad OrvietoLife, ho fatto un passo indietro perché ritenevo che il candidato fosse perfettamente idoneo e così è stato, il riferimento è chiaramente a Roberta Tardani.  Questa volta sentivo la necessità di impegnarmi perché ci sono in gioco gli interessi della Regione e sentivo la necessità di impegnarmi in prima persona. Sulla mia stessa lunghezza d’onda ho trovato Forza Italia con tutti i dirigenti e il presidente Silvio Berlusconi che mi hanno convinto.  Non ho potuto dire di no proprio per il loro entusiasmo.

Per un lungo periodo lei è stato uno dei candidati in pectore per la Lega, poi cosa è successo?

Non ci sono state guerre fratricide o litigi.  Non ho mai ricevuto una risposta dal partito e fino ad oggi (17 settembre ndr) è ancora in essere.  Poi gli amici, anzi i fratelli della Lega hanno computo altre scelte, ma l’unica pecca è stata il loro silenzio.  A questo punto ho ritenuto di avere libertà di scelta e in tal senso ho proceduto.  di particolare io non ho mai ricevuto risposta dalla Lega quindi tecnicamente era ancora in essere per gli amici, anzi i fratelli della Lega però non è stato un cambio di fronte ma un richiamo di Forza Italia molto forte.  Alla fine, la battaglia la stessa e con lo stesso obiettivo e sono convinto di poter dare un vero contributo al territorio.  E’ ovvio che Orvieto è il mio territorio di elezione ma sono candidato per gli umbri.

Appena è spuntato il suo nome improvvisamente qualcuno qui ha detto, “ecco ha cambiato casacca”.  Come lo spiegherà ai suoi elettori che è passato dalla Lega a Forza Italia?

Assolutamente, non ho cambiato casacca perché rimango saldamente ancorato al centro-destra e all’interno del suo alveo ognuno può dare il suo contributo.  Direi di più, personalmente sono sceso dal carro del vincitore per salire su uno più piccolo ma ben condotto.  In realtà il vero rischio per il centro-destra è quello che una vocazione prevarichi e vinca sull’altra, invece serve unitarietà e mantenere la barra ben salda sulla visione di “destra” tradizionale che in Italia è maggioritaria ma troppo spesso perdente alle elezioni proprio perché il condottiero di turno prevarica sull’altro.  Per tornare alla domanda iniziale facciamo un paragone militare; è come se fossi passato dalla fanteria alla cavalleria, cambio plotone e specializzazione ma rimango sempre nell’esercito.

Ma lei si sente più fante o cavaliere?

Sicuramente più cavaliere…

Nella foto che abbiamo pubblicato lei è accanto a Berlusconi, come le è sembrato?

E’ una persona che colpisce, soprattutto mi ha lasciato il segno la sua lucida visione dell’Italia, dei rapporti politici e di quelli internazionali.  Mi ha affascinato il suo discutere e parlare con forti elementi culturali che mi hanno riconciliato con l’alta politica mentre oggi, purtroppo, assistiamo spesso all’utilizzo di toni da stadio che fanno sicuramente parte della contesa e del gergo politico ma poi ci deve essere chi eleva i toni e i pensieri.  In Berlusconi ho ritrovato chi eleva i toni, lo statista e ne sono rimasto inevitabilmente colpito.

Ora c’è l’ipotesi concreta che PD e M5S uniscano le loro forze in nome del civismo…

E’ un tentativo disperato di mistificare la realtà ma gli elettori sono intelligenti.  Questa grande alleanza civica non la condivido anche perché siamo tutti civici, come dato di partenza, poi le mistificazioni indicano che c’è qualcosa da nascondere.  Il civismo è un fattore comune e non è di proprietà di alcuno dei contendenti, ma di tutti.  Ritengo poi che ogni partito deve avere la forza di proporsi senza infingimenti e deve rigenerarsi se è incorso in errori anche gravi o gravissimi, come il PD umbro, ma provare a risolvere il problema nascondendosi dietro la parola civico non va bene, anzi non è corretto. In Umbria nonostante tutto il PD non è debole ma mai come ora è possibile il cambiamento per offrire all’Umbria un nuovo governo fatto di competenze e serietà.

Quali saranno i temi centrali della sua campagna elettorale?

Il rischio è di fare la classica lista della spesa o il libro dei sogni.  Proviamo quindi a concentrarci su alcuni punti nodali per la Regione, perché chi si candida ha il suo territorio d’elezione ma si candida per tutti.  Sicuramente per far ripartire il sistema Umbria non si può prescindere da turismo, infrastrutture e tipicità.  Penso ad un sistema turistico territoriale sullo stile di quello che hanno fatto in Andalusia in Spagna.  E’ chiaro che per attrarre turismo non si può prescindere dal potenziamento dell’aeroporto regionale e dal suo collegamento con la ferrovia.  Perugia potrebbe divenire il terzo polo aeroportuale della capitale e interessare le low-cost.  Qui la Regione deve essere pronta ad investire pesantemente per far divenire l’Umbria attrattiva dal punto di vista turistico.  Strettamente collegato a questo primo punto è il prodotto tipico e la produzione vitivinicola e olearia umbra.  Ma la priorità massima in Umbria è sicuramente la ricostruzione; le popolazioni sono state trascurate probabilmente per colpa di una burocrazia ancora troppo pesante.  Il risultato è sotto gli occhi di tutti salvo di chi continua a non voler vedere.  Altra nota dolente è la sanità ma per stile preferisco non commentare.  L’unica cosa certa è che si deve intervenire per invertire la rotta perché la sanità riguarda tutti, senza esclusioni.  Potrei fermarmi qui per non cadere nell’errore del libro dei sogni, ma non posso tralasciare, soprattutto a Orvieto, il problema dei rifiuti con l’ovvio riassetto dell’intero ciclo.  Tutti questi temi e altri sono sul tappeto ma servono professionalità e competenze da parte di chi è chiamato a decidere e personalmente ritengo di avere alcune competenze per offrire il mio piccolo contributo.

In questi giorni si è parlato di Umbria come Regione in emergenza economica per quanto riguarda privati e imprese.  Nel centro Italia, dimenticata, l’Umbria è quella messa peggio con dati tutti negativi oltre la media ponendoci vicini a zone del sud avanzate.  Che armi può avere la Regione?

Indubbiamente i dati sono sconfortanti.  L’Umbria è una regione meravigliosa e la dignità delle persone ha fino ad oggi consentito di mascherare realtà di miseria. Nonostante tutto ciò la crisi economica è ormai intollerabile anche qui da noi.  Sicuramente la Regione deve intervenire con la sburocratizzazione per venire incontro alle imprese attraverso l’innesco di un sentiment virtuoso per il ciclo della produzione.  In verità il cittadino-imprenditore umbro è stato demotivato perché, non voglio far polemica ma analizzo la realtà, in Regione c’è stata una cappa ormai da 50 anni, non so se reale o percepita, che ha frenato l’iniziativa privata libera e non legata a padrinaggi e sponsor politici. Ma peggiorare la situazione c’è stato e c’è un certo conservatorismo della classe dirigente che ha favorito lo status quo politico anche per la miopia e la scarsa preparazione di troppi amministratori.  Personalmente ha lavorato nel mondo dell’impresa e ritengo di saperne interpretare le esigenze.

Ma la crisi ha colpito anche e soprattutto i privati cittadini.  Per loro nulla?

No, assolutamente.  In Regione abbiamo una vera e propria emergenza relativa alle esecuzioni immobiliari e anche nel nostro territorio abbiamo avuto esempi anche eclatanti.  Non si può assistere inermi a cittadini che perdono la loro casa messa all’asta al 15/20% del valore reale.  Penso ad un intervento regionale per l’acquisto di tali immobili da offrire poi a canone agevolato ai cittadini in difficoltà.  In questo modo si potrebbe mitigare l’emergenza abitativa e la Regione andrebbe a costruire un patrimonio immobiliare da destinare all’edilizia popolare senza grandi investimenti e senza nuovo “cemento”.

Orvieto ha sempre avuto un po’ di fascino per l’idea di Tuscia e l’Umbria è vista come matrigna.  Quale è il suo sentiment?

E’ sicuramente isolata ed è considerata un po’ la Cenerentola dell’Umbria pur essendo in realtà la principessa ma di questo in qualche modo portano la responsabilità anche i cittadini di Orvieto che nella loro storica divisione non hanno mai saputo esprimere il consenso unitario su una persona.  La colleganza con la Tuscia ha avuto sicuramente un suo peso nel dibattito politico passato ma con scarso successo ed oggi lo ritengo un discorso superato perché con internet e la globalizzazione fare questioni di confini è ormai irrilevante.  Oggi per funzionare tutta l’Umbria deve ragionare da organismo unico in rete così che l’interesse di Perugia sia anche quello di Foligno, Orvieto, Città di Castello.  Sicuramente un ruolo centrale in questo sistema può averlo Orvieto perché lo merita e per troppo tempo è stata dimenticata ma tutto ciò sarò possibile esclusivamente con uno scatto d’orgoglio e trovando l’unità all’interno della città.

Altro argomento spinoso è la discarica dove Orvieto è centrale nelle politiche regionali. Si può invertire la tendenza?

Per un periodo ho fatto parte della commissione d’impatto ambientale ministeriale e un po’ho cercato di capire come funziona il ciclo dei rifiuti.  Se spostiamo la nostra visione vero l’estero non c’è ciclo virtuoso che non preveda i termovalorizzatori per quella quota non riciclabile.  Il problema non sta nell’impianto ma nel suo controllo e nel suo corretto utilizzo.  Tornando all’Umbria sicuramente un ciclo virtuoso dei rifiuti può escludere l’utilizzo di un inceneritore perché le discariche possono ospitare il residuale non riciclabile.  Un impianto industriale di incenerimento ha dei punti deboli quindi se si può evitare è meglio.  Ma dobbiamo sgravare Orvieto dall’essere la discarica di un’intera provincia mentre dobbiamo iniziare ad introdurre elementi compensativi che fino ad oggi non sono stati mai presi in considerazione.  Non abbiamo mai preteso in cambio del conferimento di rifiuti in discarica elementi boschivi, parchi fruibili, un parco fluviale pienamente funzionante così come avviene ad esempio, nei Paesi nordici dove anche le discariche diventano utilizzabili.  Questa è l’Umbria nuova che sogno, con una seria politica “verde” dove chi toglie deve anche restituire anche per quanto riguarda le tariffe.  E qui torno ad Orvieto perché per agire si deve essere dentro i centri decisionali con persone che sappiano alzare la voce e combattere per la città.

Visto che ha parlato di green economy, questa è di destra o di sinistra?

La green economy è neutra perché la società non può prescindere dall’attenzione al territorio.  In termini politici la green economy è di sinistra come operazione di marketing per raccogliere voti e consegnarli alla sinistra così come i 5Stelle sono una mistificazione che rimarrà nei manuali di politica perché nati per raccogliere il malcontento e riportarlo nell’alveo sempre della sinistra.  In realtà la destra è sempre stata attenta alle istanze ecologiche ma senza operazioni di marketing come mi sembra essere anche Greta, per essere chiari.  Non si può pensare ad un’etica ecologica che valga solo per una parte del mondo perché poi se l’altra parte continua nell’utilizzo indiscriminato di petrolio e plastica senza controllo e cicli di smaltimento e riciclo moderni gli effetti ricadono anche su di noi.  Il rischio, ancora una volta, è che la coscienza ecologica diventi una moda per radical-chic a vantaggio dei soliti.  Una politica seria dovrebbe invece esportare il modello “green” nel mondo intero altrimenti noi piantiamo alberi mentre Amazzonia e Africa vanno a fuoco e il saldo continua ad essere pericolosamente negativo per l’uomo.   Ma “green” è anche attenzione al bello. Ecco, qui l’Umbria ha perso smalto anche per i tanti errori che la politica ha fatto consentendo la rovina di borghi e valli prima bellissime.  Si deve avere il coraggio di tornare al bello facendo uscire l’Umbria da quell’oscurantismo in cui per 50 anni la sinistra l’ha costretta.

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