La grande occasione persa dall’opposizione, la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto

In consiglio comunale entra la questione di concedere la cittadinanza onoraria al Milite Ignoto, su proposta del consigliere Stefano Olimpieri.  Una proposta che sempre da OrvietoLife avevo avuto modo di criticare non per anti-patriottismo ma perché ritenevo e ritengo che il Milite Ignoto sia cittadino onorario di ogni città, paese, villaggio d’Italia.  A non comprenderlo sono stati i consiglieri di opposizione che hanno abbandonato l’aula virtuale dopo aver spiegato la loro posizione.  Un tentativo, più che altro.  Sono tornati di moda polemiche anni ’70 sul significato intimo di Patria, Nazione, Martire; contrapposizioni ideologiche che si sperava di aver superato e invece, rieccole addirittura con tanto di citazione di Giorgio Gaber, dell’ultimo Gaber, quello più critico e osservatore di “Io non mi sento italiano”.  La canzone è stata portata come giustificazione per il “no”, e invece è un grido forte, fortissimo di appartenenza ad una nazione, e ciò non significa essere nazionalisti.  Basterebbe leggerlo tutto il testo:

Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
non è per colpa mia
ma questa nostra Patria
non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
che sia una bella idea

 

ma temo che diventi
una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell’inno nazionale
di cui un po’ mi vergogno.
In quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno più pudore.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
se arrivo all’impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
e altri eroi gloriosi

non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.

Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po’ sfasciato.
E’ anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che tutto è calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c’è un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui mi incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos’è il Rinascimento.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.

Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c’è un’altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido “Italia, Italia”
c’è solo alle partite.
Ma un po’ per non morire
o forse un po’ per celia
abbiam fatto l’Europa
facciamo anche l’Italia.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.

Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.

E’ una canzone che invita a “fare l’Italia”, a ricordare il passato, il “Rinascimento” e che non dimentica gli orrori nati da un’interpretazione dell’idea di Patria con il totalitarismo del ventennio fascista.  Ma non si può fare di tutta l’erba un fascio.  Assolutamente, no! L’Italia è una nazione con un passato che ci siamo dimenticati e che non studiamo con quella passione che hanno per il loro paese all’estero.  Se studiassimo il nostro passato probabilmente non cadremmo in errori banali come quelli del 29 dicembre 2020 al consiglio comunale di Orvieto.  Probabilmente avremmo più rispetto per la cosa pubblica, per le regole, anche impopolari, per le istituzioni e questo non significa essere pericolosi sovranisti, ma essere parte di un tutto, di un popolo, nella sua accezione moderna.  Chi si riconosce nei principi e nei valori della nostra Carta Costituzionale, è italiano.

E allora iniziamo con l’avere rispetto degli eroi noti, della memoria, parte fondante di un Paese.  I simboli nazionali non sono di parte ma di tutti, è così in Francia, in Germania, negli Stati Uniti, in Irlanda, in Portogallo, in Grecia, in Svezia e come lì essere patrioti non fa rima con “sovranisti” anche qui in Italia non deve essere diverso.  Purtroppo la realtà è ben diversa e per comprenderlo basta chiedere ad un adolescente perché il 25 aprile o il 2 giugno non si va a scuola ed è festa.  Abbiamo tarpato le ali all’essere italiani nel senso positivo del termine ed è rimasta solo la parte negativa che fa capolino ciclicamente soprattutto nei momenti di crisi.  E a Orvieto, una parte del consiglio comunale non è nuova a questi scivoloni, basti ricordare le polemiche ai tempi dei morti di Nassirya, anche lì il timore che venisse fuori l’amor patrio ha diviso il consiglio.  E ancora non si hanno notizie della memoria di Stefano Melone, militare morto in conseguenza del suo servizio alla Patria.

I tempi della politica, alcune volte, sono incomprensibili.  Bene ha fatto il consigliere Alessio Tempesta a ricordare Liliana Segre; a quando la cittadinanza onoraria?  Anche Lei è un’eroina dei valori scritti in Costituzione e una testimone di una violenza inaudita perpetrata in nome di una superiorità della razza e della nazione senza alcun senso.

Giusto il richiamo del presidente Umberto Garbini al rispetto delle istituzioni, al senso di appartenenza, concetti non desueti ma più che mai attuali anche in un processo d’integrazione europea che va avanti seppure a rilento.  Il 29 dicembre si è persa l’occasione di essere tutti parte dell’Italia, quella buona, positiva, delle idee, dei piccoli e grandi eroi che hanno combattuto, combattono e combatteranno per un Paese migliore: il nostro.

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