L’assessore alle politiche per l’immigrazione Cristina Croce replica punto per punto alle critiche sullo Sprar

Il vice-sindaco e assessore alle politiche sociali e politiche per l’immigrazione, Cristina Croce ha voluto spiegare tutto l’impianto dello Sprar di Orvieto dopo le polemiche sorte in questi giorni e il dibattito politico che si è acceso conseguentemente. L’assessore che prima di tutto voluto sottolineare che al sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati in Italia (SPRAR appunto) “chi vi accede è un rifugiato o un richiedente asilo cioè, innanzitutto, una persona perseguitata per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche.  Così recita l’art.1 della Convenzione di Ginevra del 1951. Non una casa vacanze o un B&B del Paese dei Balocchi ma uno scoglio per non annegare e morire in un mare di violenza e sopraffazioni”.

Sempre Croce ricorda che da ottobre del 2017 l’amministrazione aveva reso l’intero progetto con l’avvio della procedura pubblica per ospitare dieci ragazzi africani, da 14 a 18 anni senza genitori o parenti stretti “ospitati presso una Comunità Educativa autorizzata ai sensi della normativa Regionale n. 8 del 2005 ubicata in Orvieto.   Secondo le linee guida stabilite dal Ministero dell’Interno questi ragazzi ricevono vitto, alloggio e assistenza educativa H24 trattandosi di minori, e, laddove necessario, assistenza sanitaria; frequentano la scuola di italiano e tirocini formativi; sono iscritti a società sportive mentre per alcuni di loro è previsto l’inserimento in percorsi scolastici. Ovvero si sta realizzando un percorso di inserimento sociale e di acquisizione di autonomia sociale ed economica, che è l’obiettivo finale dello SPRAR.   Per una città come Orvieto – già sede di un premio internazionale per i Diritti Umani e, a novembre di quest’anno, sede del Festival Internazionale dei Diritti Umani – il diritto di asilo non può limitarsi ad un dibattito teorico. Deve trasformarsi in azione concreta, essendo un dovere che è anche uno degli emblemi universali di un processo di civilizzazione che non può dirsi ancora concluso. 

Lo SPRAR non è un episodio locale ma un modello di governance multilivello nazionale che ha trasformato il sistema dell’accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati da una dimensione privata ad una dimensione pubblica. Allo SPRAR partecipano, infatti, il Ministero dell’Interno, gli Enti locali attraverso l’ANCI e le realtà del terzo settore che sono passate da una funzione di supplenza – in un contesto di vuoto normativo e programmatico – ad un ruolo di partenariato”.

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