Massimo Dapporto, un borghese piccolo piccolo, una drammatica storia italiana sempre attuale

Massimo Dapporto è il borghese piccolo piccolo.  Uno spettacolo delicato, drammatico e attuale.  Il romanzo di Cerami è stato portato in scena il 19 al Teatro Mancinelli da un Massimo Dapporto di altissima qualità.  L’idea scenica di avere i tre ambienti principali sempre presenti, con le luci che guidano attraverso il palcoscenico come fossero degli indicatori del dramma.  Una cronaca scritta negli anni ’70 ma sempre attuale.  I sogni della famiglia media per il proprio figlio, il posto fisso, i risparmi, la raccomandazione; pregi e difetti della classe media italiana.  Dapporto raffigura il burocrate anziano anche nell’atteggiamento, nella camminata, nei comportamenti familiari.

La famiglia è centrale con il figlio come fulcro della vita dei genitori che sognano l’impiego nello stesso ministero dove lavora ancora il padre.  E allora si cerca la strada per il concorso.  Dapporto-Vivaldi chiede aiuto al collega che indica come soluzione l’ingresso nella massoneria con tanto di tragicomica cerimonia d’iniziazione.  E’ uno dei pochi momenti ironici perché nella scena successiva torna la riflessione con il maestro che si maschera da mendicante e Vivaldi lo caccia.  Ancora l’attualità irrompe in scena, quella della mendicità molesta.  L’attualità è il fil rouge dell’intera commedia. “Sistemare” il figlio, con qualsiasi mezzo è il must della famiglia Vivaldi.  Dapporto è vestito da burocrate anni ’70, basette lunghe, vestito con cravatta a righe e impermeabile e nei suoi dialoghi con il figlio già progetta l’intero futuro di quest’ultimo.  Ecco ancora l’attualità con Vivaldi che consiglia al figlio di investire bene perché lui è bravo, “sei ragioniere”, a trovare azioni buone da acquistare e poi “il mattone è sempre una sicurezza”.  Sono passati quarant’anni dall’uscita del romanzo di Vincenzo Cerami ma non sembra.  Lo spiega lo stesso Dapporto in un’intervista, “non sembra che le cose siano molto cambiate. Il problema della giustizia fai da te attanaglia oggi come allora la società italiana” come il sistemare il figlio è nel dna dell’italiano medio.

A rompere il sogno ecco che arriva il dramma dell’uccisione del figlio durante una rapina della Roma violenta degli anni ’70. E allora il borghese tranquillo diventa carnefice.  Sequestra l’omicida, lo tortura e lo uccide.  Il borghese diventa omicida mentre vive il dramma familiare della perdita del figlio e della malattia della moglie.  E ancora l’attualità del cimitero affollato e delle bare in lista d’attesa. La delicatezza della cura della moglie che contrasta con la crudezza della “cura” del killer del figlio.  Vivaldi alla fine si trova solo, vedovo e in pensione.  Quello che doveva essere il coronamento del sogno con la liquidazione da utilizzare per completare la casetta in campagna, con il figlio sistemato al ministero si trasforma in dramma, incubo per Dapporto, borghese piccolo piccolo.

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