Per la lista del PCI il candidato del territorio è Matteo Galli, 37 anni, laurea in storia e filosofia e professore di sostegno all’Ipsia di Orvieto, ha avuto sempre al centro l’impegno politico a partire dai Social Forum nei primi anni 2000. Dal 2001 fino al 2009 è stato iscritto a Rifondazione Comunista e poi in SEL. “Mi sono candidato per provare a mettere in rilievo una politica fatta di passione, senza retorica e sganciata da ogni forma di condizionamento”.
Perché votare Matteo Galli e il PC alle prossime elezioni regionali?
Perché il nostro è un progetto coraggioso che vuole ripartire dal nostro territorio e valorizzarlo in tutte le sue risorse: con un elemento imprescindibile, il ruolo pubblico deve prevalere sugli interessi e le logiche di profitto a discapito dei cittadini. Ho coniato anche uno slogan: “I diritti non siano un privilegio per pochi ma un diritto per tutti”.
Votare Matteo Galli Significa battersi per: un ambiente orientato alla tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale storico e artistico e alla conservazione della biodiversità, generando occupazione e migliorando la qualità della vita; una sanità pubblica efficiente e vicina ai cittadini, dove il diritto alla salute non sia un privilegio di pochi ma un diritto per tutti; incentivare il trasporto pubblico, basato sulle esigenze dei viaggiatori, pendolari e studenti, che devono accettare tempi di percorrenza assurdi, anche per distanze brevi; un ciclo dei rifiuti diverso, applicando su tutto il territorio, una tariffa puntuale e con una radicale adozione di cicli virtuosi di economia circolare, che puntino alla riduzione alla fonte, della produzione di non biodegradabili e al trattamento e riutilizzo della massima porzione di residuo; ribadire a chiare lettere il concetto di acqua pubblica come sancito dai referendum popolari; una nuova legge Regionale che ripristini i collegi uninominali distribuiti in modo tale da garantire la rappresentanza di tutti territori, soprattutto il territorio orvietano, il nostro territorio, ormai marginalizzato e lontano dai centri decisionali.
Voglio intendere la politica come servizio al cittadino e non come gestione del potere, recuperare interesse verso le nuove generazioni, sempre più distanti dalla politica e dare loro strumenti per costruire il proprio futuro. Pensando ancora ad uno slogan direi “una Regione che sia una comunità inclusiva che parla al noi e non all’ io, una Regione per i molti non per i pochi”. Cito un pensiero di un filosofo tedesco del 900 Hans Jonas sui diritti di reciprocità, “ognuno di noi ha dei diritti e doveri da rispettare, mentre le future generazioni avranno solo dei doveri, siamo noi che dobbiamo garantire loro, ai nostri figli, ai nostri nipoti, un mondo e una società sostenibile sotto tutti i punti di vista.
Il tema ambiente è un’emergenza anche in Umbria?
Il tema ambiente è per me molto avvertito: arrivato in maniera dirompente nella nostra quotidianità, con un ritardo grave e inaccettabile, un tabù rotto da una ragazza svedese di 16 anni Greta Thunberg, che tutti noi abbiamo imparato a conoscere. L’ambiente e le politiche ambientali sono state assoggettate, dalle dinamiche della globalizzazione, lo sviluppo e il progresso hanno relegato in secondo piano il rispetto e la tutela di essi. Una narrazione e un dogma che viene da lontano, proprio dall’agenda della socialdemocrazia e del laburismo di metà anni ‘90, l’epoca di Blair, Clinton e D’Alema, una sinistra che voleva cavalcare l’onda della globalizzazione e del mercato, non accorgendosi che la politica veniva sussunta dall’economia e l’economia stessa diventava mera finanza. Il teorico di quel programma il sociologo Giddens, in nome dello sviluppo economico e tecnologico, parlava di società del rischio, una società dove valeva la pena rischiare, una società dove l’ambiente diventava un elemento accessorio. Gli squilibri e i fallimenti di questa politica portata avanti sia da governi di centro destra sia di centro sinistra è stata ben visibile a tutti. Concludendo con una lezione che viene da Gramsci: dobbiamo recuperare un rapporto sentimentale con i nostri cittadini, partendo dalle piazze, dai luoghi più nascosti e dai territori, solo cosi potremmo essere credibili.
L’Umbria sta attraversando una grave crisi economica quali sono le principali linee di sviluppo del PC?
Noi pensiamo che si debba costruire sviluppo, di tipo sostenibile e rinnovabile, partendo da un’analisi completa ed approfondita della nostra realtà. Riteniamo non esista più una forma di sviluppo “macro” che vada bene per l’intero Paese. Assistiamo al progressivo crollo dell’industria primaria e alla crisi crescente della grande impresa. Gli stessi dati, ormai da tempo, indicano anche nuove strade accomunate da alcune discriminanti ricorrenti: crescono le piccole imprese, si sviluppa la manifattura di pregio, si nota un ritorno all’agricoltura, peraltro biologica, c’è infine un’iniziativa da parte di giovani che puntando su matrici vecchie, sviluppano professionalità e spirito di innovazione da non sottovalutare. Sono segnali importanti che ci debbono far riflettere: c’è possibilità di un nuovo sviluppo ma dobbiamo superare vecchi schemi e soprattutto: fondarlo su capisaldi solidi, concreti e collaudati, fortemente orientati al territorio ed all’ambente, applicando leve che non possano prescindere dall’innovazione e dalla tecnologia, ma rimanendo sempre consapevoli della distinzione tra l’uomo, sia esso imprenditore e/o lavoratore, e lo strumento, senza mai subordinare il primo al secondo; puntare alle valorizzazioni di tutte eccellenze, che i vari territori, nei quali la nostra Regione si suddivide, sono in grado di proporre. L’orientamento ed il grande sforzo del soggetto pubblico deve essere quello di stimolare e valutare attentamente le proposte imprenditoriali e quindi supportarle, dalla formazione, alla facilitazione burocratica, all’accesso a fondi mirati, al credito agevolato, fino alla promozione ed alla creazione di un opportuno mercato. In questo senso, sentiamo di poter affermare anche la necessità di ridimensionare le oligarchie economiche; ammettere che si possa differenziare o riconvertire parte essenziale delle professionalità dell’imprenditoria tradizionale esistente, per distoglierla ad esempio dalla edificazione a titolo speculativo ed orientarla verso opere di tutela e salvaguardia del territorio, ovvero manutenzione preventiva a regime, per finire al recupero e riqualificazione funzionale del patrimonio immobiliare, specialmente pubblico, esistente, senza ulteriore sottrazione o deturpazione selvaggia di suolo.
Reti materiali e immateriali sono due grandi nodi irrisolti in Umbria e a Orvieto. Nel nostro territorio quali sono le priorità?
Noi siamo chiaramente per lo sviluppo del trasporto pubblico, specialmente su rotaia, ma ad oggi l’offerta pubblica non è in grado di determinare la svolta auspicata. Abbiamo bisogno, in estrema sintesi, di una rete di trasporto pubblico, adeguata al terzo millennio. Sottolineiamo pubblico e terzo millennio. Che sia Pubblico si commenta da solo, è un servizio, e deve perciò soddisfare le esigenze della comunità, al costo più basso in funzione del migliore livello di completezza e qualità. Terzo Millennio sintetizza come i flussi, le esigenze, la velocità della vita, lavoro e turismo, si siano modificati profondamente e siano in continua evoluzione. La rete di trasporto deve essere ritarata sui flussi di massa, in funzione della destinazione, degli orari e non solo del numero di fermate o di luoghi attraversati. Dobbiamo abbandonare logiche per cui citando Orvieto come esempio, una corsa di autobus sviluppata su distanza media di 70 km. (Perugia o Terni), debba durare oltre due ore; occorre una rete con assi primari, che consenta percorrenze in tempi accettabili, integrata da più segmenti minori, che raccordino i piccoli centri a nodi dell’asse primario, e segmenti personalizzati ai flussi stagionali, turistici e altri. Riguardo il trasporto su rotaia, oltre sull’alta velocità di Perugia, senza esprimerci sul beneficio reale e peggio ancora sulla analisi costi/beneficio, dobbiamo riflettere molto sul nostro stato. Geograficamente, se consideriamo la esigua dimensione, la presenza della linea primaria nazionale nord-sud, quella della Orte Falconara, dovremmo domandarci se abbiamo fatto proprio tutto il necessario per incentivare le persone ad utilizzare il treno. Sappiamo bene quali siano in realtà i livelli di funzionalità, ed il potenziale concreto delle reti. Noi crediamo fortemente a queste possibilità. Vantare tracciati significa possedere diritti pubblici sul suolo e maggiore possibilità giuridica e temporale per adeguare linee, strutture e mezzi. Noi sfidiamo tutti a verificare quanti centri minori, oltre ai due capoluoghi di provincia, sarebbero serviti razionalmente e completamente da rete ferroviaria, con quello che di positivo ne deriverebbe. Anche in questo c’è lo sviluppo che vogliamo, peraltro virtuoso.
Sulle reti immateriali, vediamo un netto implemento dell’estensione della banda larga. Siamo ancora lontani dal completamento e dalla messa a regime ma più che un impulso operativo, riteniamo dover focalizzare lo scollamento esistente tra i gestori e la regione, da cui derivano accordi specifici tra Comune e gestore, senza un quadro di riferimento organico e strutturato. Riteniamo necessaria una pianificazione del processo su scala regionale, alla luce delle esigenze e delle priorità complessive, tale da poter definire livelli di copertura e di servizio, tempi e costi. Tra e reti immateriali non va omesso un “portale” di informazione e supporto amministrativo per le persone/categorie produttive, soprattutto per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, che permetta una accessibilità guidata a vari livelli di consultazione ed approfondimento, su opportunità, norme, procedure e documentazione relativa ai principali temi di interesse.
Sanità, mancano le risorse e ad Orvieto lo si tocca spesso con mano. E’ possibile immaginare una collaborazione anche con i privati per fornire sevizi a parità di costo ai cittadini?
La nostra idea è quella di sanità pubblica, estesa a tutti, partecipata, efficiente e prossima ai cittadini, a garanzia del diritto di tutti alla Salute. Vogliamo invertire il modello attuale definendo dalle periferie, esigenze e risorse necessarie, sulla scorta dei dati reali e non statistici, Non è pensabile che all’interno di una sola struttura organizzativa, come la direzione ASL, possa esprimersi la migliore valutazione di esigenze e definirsi la più efficace ripartizione delle risorse. Tutto questo è contenuto dettagliatamente nella proposta di modifica alla legge 18/2012 depositata con oltre tremila firme in Regione e mai esaminata. Vogliamo che patologie non ospedalizzabili e troppo spesso dimenticate tra le attività da finanziare, assumano la rilevanza che meritano, così come le cure post dimissione, il supporto ed assistenza domiciliari, la medicina preventiva e quanto altro, fino all’adozione a regime di una educazione alla salute, da perseguire a tutti i livelli. Vogliamo anche che gli ospedali, siano ubicati, strutturati e resi in grado di assolvere completamente ed efficacemente al ruolo stabilito. Vogliamo infine che il fattore logistico, molto pesante in Umbria, dovuto a diversa densità di popolazione, viabilità, mezzi pubblici, non venga messo in carico all’utente finale e che pertanto si persegua il massimo decentramento dei punti di erogazione dei servizi sanitari per tutto quanto possibile. Vogliamo in sintesi che la componente più significativa dell’operato della Regione, sia e rimanga saldamente nelle mani dei cittadini attraverso i suoi rappresentanti delegati, trasferendo alla ASL attività e coordinamento operativo funzionale, ma mantenendo in capo al soggetto pubblico il potere di decidere su come, dove e quante risorse distribuire. Vogliamo per finire, che la Regione e non altri, definisca insieme al territorio i risultati sui quali gestire incarichi e compensi dei dirigenti e dei funzionari: fissando preventivamente, obiettivi non tanto economici, quanto di capacità di presidiare e governare il processo del quale si è responsabile, in termini di coerenza all’obiettivo, di efficienza e di qualità del servizio percepito, all’insegna della più palese trasparenza. La sanità privata è una soluzione, fino al punto in cui non diventa una necessità per sopperire le deficienze di quella pubblica. Lasciare al cittadino la scelta di farsi curare in strutture con un livello di trattamento superiore è ammesso e rispetta la libertà di esercitare la professione, fermo restando che nel servizio pubblico deve essere chiaro e perseguito il livello di sanità efficace nella sostanza ed efficiente nella modalità di somministrazione,
Acqua pubblica, un referendum ha sancito che deve essere il sistema invece in tutta la provincia di Terni abbiamo la SII e i debiti nei confronti dei comuni. Come si può dare seguito a ciò che hanno votato la maggioranza degli italiani?
Facendo riappropriare i Comuni della titolarità gestionale del servizio. In primo luogo abbattendo i costi di esercizio delle strutture direzionali ed amministrative dei consorzi. Tracciando adeguati ambiti di aggregazione, in seno alle risorse de Comuni, reperire una struttura tecnico amministrativa e gestionale che prenda in carico un bacino territoriale significativo e possa esercirvi la distribuzione. Relativamente al personale operativo, verificata la congruenza e la multi funzionalità, è ipotizzabile un riassorbimento negli organici comunali, con ripartizione opportuna secondo carenze locali, superando nei limiti del possibile, la restrizione spesso solo di etichetta, che vede l’operatore esclusivamente associato alla gestione dell’acqua. Nello stesso ambito territoriale, lavori di particolare consistenza che esulano dalla manutenzione ordinaria e dalla conduzione standard del servizio, potranno essere oggetto di affidamento a terzi, secondo le convenzionali modalità di appalto trasparente, comprensivo anche del servizio di pronto intervento, extra potenzialità interne del soggetto pubblico. Quello che ne deriva, sarà il costo puro del servizio idrico, esente da utili, bonus e gettoni di presenza, con il valore aggiunto di una disponibilità di risorse da utilizzare su aree funzionali maggiori, in funzione delle esigenze civiche.
Sviluppo, impresa e tutela e sicurezza del lavoro possono andare di pari passo?
Senza dubbio! Vogliamo orientare lo sviluppo su matrici solide, rispettose dell’ambiente e rinnovabili, creando opportunità di lavoro per le imprese. La diversificazione del modello di sviluppo verso un minor consumo di risorse naturali unito ad una maggiore consapevolezza dei reali bisogni, non desideri, dell’essere umano, deve offrire motivo di revisione anche perle imprese. Il cambiamento deve interessare l’intero sistema, altrimenti è inutile. Si è già detto sommariamente delle linee di sviluppo alle quali puntiamo. Un capitolo a parte merita la ingiustificata rincorsa al ribasso, che parte da una inesatta o non congrua valutazione dei costi complessivi del lavoro, standardizzando la quota dedicata alla sicurezza, sfociando nella pericolosa tendenza a chiedere il maggiore ribasso. Statisticamente, dietro ogni infortunio c’è una omissione, la fatalità o il caso vale poco più di zero. Occorre allora rivedere il mercato del lavoro progettando bene e compiutamente. Occorre predisporre appalti precisi, pretendendo non il prezzo più basso ma quello più adeguato al lavoro richiesto. Bisogna chiarire e valutare bene i rischi e pretendere misure altrettanto chiare delle modalità lavorative. Serve una struttura di controllo e formazione, non serve la repressione ma il supporto e l’educazione alla sicurezza. Occorre in sintesi non perseguire la logica che meno costa più conviene, anche perché i danni, in tutti i sensi, degli infortuni, li paga non solo il committente, bensì tutta la comunità. Vogliamo parlare di progresso e non mero sviluppo. Un’ impresa che predispone un miglioramento della qualità della vita di tutti i cittadini.
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