Quale futuro per la CRO? E’ importante fare presto per aprire una nuova fase di impegno per il territorio

Le ultime notizie da Bari riportano di un ampliamento della perdita di esercizio a 397 milioni di euro con un conseguente Cet1 Ratio a 7,52% contro un minimo richiesto dell’8,82%.  Non solo, anche Bankitalia ha acceso i fari sulla stessa Popolare con una nuova ispezione che, secondo quanto scritto da Il Sole 24 Ore, ha come obiettivo la qualità degli attivi di bilancio e un ricambio deciso in discontinuità con il passato del consiglio visto che sono in scadenza quattro consiglieri.  Dall’altra abbiamo il governo che ha deciso di dare una grande mano proprio a Bari con il nuovo Decreto Crescita che prevede incentivi fiscali fino a 500 milioni per aggregazioni di imprese e banche nel Sud.  E’ una vecchia idea della Lega che qualche mese fa aveva sponsorizzato l’ingresso di Giulio Sapelli nel cda della banca.  Il professore non ha resistito molto e si è dimesso quasi immediatamente.  Ora proprio il suo nome viene fatto per sostituire Marco Jacobini giunto al capolinea, anche secondo Bankitalia.

Nel frattempo, continua il grande lavoro dell’amministratore delegato Vincenzo De Bustis che sta procedendo con il piano di risanamento che prevede la divisione in due della banca, la cessione di un grosso stock di Npl e quella probabile della CRO.  Proprio sul fronte orvietano lo stesso De Bustis ha lavorato per creare le condizioni che hanno portato Sri Group a presentare l’offerta vincolante da 65 milioni di euro per la quota di controllo dell’istituto orvietano oggi in mano a Bari.  Rimane poi la questione della causa alla UE per la questione Tercas, dal fronte giudiziario De Bustis si attende circa 500 milioni di euro che, sommati ai crediti d’imposta e alla nuova governance darebbero l’idea più completa di un semplice maquillage per evitare il peggio.

Non è da scartare totalmente, poi, l’idea di un ingresso in Popolare di Bari di un partner industriale forte anche se, viste le attuali condizioni di mercato l’eventuale concretizzazione potrebbe giungere nel medio termine.  D’altronde, sia la Bce che Bankitalia hanno di fatto riaperto i giochi del grande risiko bancario europeo indicando come prioritaria la diminuzione del numero di imprese bancarie nei Paesi europei, Italia compresa.  L’a.d. sta lavorando alla creazione di una popolare che operai in Puglia e a una SpA che porti valore grazie a investitori istituzionali e privati.  Sul fronte delle aggregazioni le “sorelle” Popolare di Puglia e Basilicata e Popolare Pugliese dovrebbero essere quelle interessate all’aggregazione con il beneficio del credito d’imposta; e Orvieto?

Giulio Gallazziceo di SRI Group

La cessione a SRI Group non cancella i dubbi sulla reale competitività dell’istituto viste anche le indicazioni dei due istituti centrali.  Non ci sarebbero, però, gruppi bancari interessati visto che dalle parti della Fondazione si è raffreddata la disponibilità di Bper, che Bankitalia vedrebbe di buon occhio coinvolta nel salvataggio di Carige, territorialmente contigua, tra l’altro.  Sempre per la Fondazione raggiungere i 65 milioni di euro dell’offerta di SRI Group non è operazione semplice anche perché ci sarebbe l’handicap del corto respiro visto che nei prossimi tre anni la stessa, così come tutte le Fondazioni, dovrebbe uscire dal capitale della banca e quindi ricercare un acquirente che ripaghi dell’investimento molto alto non solo della quota oggi di BPB ma anche della propria.  Dirimente per la scelta, a questo punto, potrebbe essere la parte “etica” ed occupazionale.  La politica non è intervenuta in questa fase di passaggio delle consegne ma sia l’una che l’altra parte non hanno mai fatto mistero del fatto che servano tutele per i dipendenti e per la territorialità della banca.  In ultimo, ma non per importanza, c’è la questione dei risparmiatori che hanno visto le azioni BPB svalutarsi nel giro di pochi anni.  Stando ai rumors, nell’offerta della Fondazione c’è anche un capitolo dedicato al “ristoro” almeno parziale mentre in quella di SRI Group non vi è alcun accenno in merito.

Il pallino in mano lo ha esclusivamente BPB, ora, che deve decidere prima se vendere una banca che è sana e radicata in territori certamente in crisi ma imprenditorialmente pronti a ripartire nel momento in cui dovesse invertirsi la tendenza nel Paese; poi deve decidere se accettare l’offerta di SRI Group, attendere in caso di esercizio del diritto di prelazione le contromosse della Fondazione e poi cedere la quota di controllo. I “se” e i “ma” sembrano troppi ma in realtà non è così visto che Bari ha necessità di abbassare immediatamente il livello del debito e 65 milioni di euro farebbero comodo per offrire agli investitori istituzionali un segnale forte di discontinuità con il passato.  E’ in questa fase che si dovrà assolutamente cercare di comprendere il futuro di CRO.

Sarà una piccola banca di territorio?  Sarà parte di un gruppo bancario più grande?  Verrà asciugata di filiali e personale e poi messa sul mercato?  A queste domande la risposta potrà arrivare solo quando verrà presentato il piano industriale degli acquirenti, Fondazione o SRI Group. E’ però importante che non si perda tempo perché Orvieto ha bisogno di risposte certe in tempi rapidi per capire che strada verrà intrapresa e come anche la politica potrà dialogare con la nuova proprietà instaurando un rapporto nuovo e forte con la principale istituzione bancaria del territorio.

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