TeMa o Non Tema, questo è il problema, ma non solo

Il botta e risposta tra il cda di TeMa e il sindacato USB che ha preso in mano la situazione dei lavoratori da più di un anno ha fatto riemergere la questione complessa della gestione del teatro Mancinelli, del debito pregresso dell’associazione e di tante questioni che intrecciano politica e vita culturale della città.  Del resto anche lo stesso Enrico Paolini nella sua conferenza di “addio” alla TeMa ha sottolineato come nel passato TeMa fosse stata utilizzata un po’ come “bancomat” da parte del Comune per le questione legate alla cultura.  Ma è stato così?  Il debito di oltre un milione è stato generato proprio tra la fine del ’98 e gli inizi degli anni 2000 con le mega produzioni targate TeMa, le controversie con alcuni fornitori e con la sempre più stringete politica finanziaria delle amministrazioni che si sono succedute nel tempo, a partire dall’amministrazione guidata da Stefano Mocio.  Da lì il debito è iniziato ad essere problematico e non più sostenibile.  Si è forse rotto qualche meccanismo?  Proababilmente, ma soprattutto sono iniziate a cambiare le regole di finanza pubblica sempre più stringenti e sempre meno favorevoli alle partecipate comunali.  Così si è innescata la ricerca di soluzioni di allungamento e stabilizzazione del debito con i mutui, garantiti sempre dal Comune.  Anche qui bisogna essere chiari.  I mutui sono garantiti dal Comune perché TeMa non ha immobili da concedere in garanzia, quindi qualcuno deve pur avallare e garantire gli istituti di credito.  E allora abbiamo avuto le postergazioni di epoca Concina che hanno permesso di liberare risorse al Comune, in crisi finanziaria, e allo stesso tempo alla TeMa di lavorare per pianificare il futuro, ma sempre senza risolvere il problema di fondo: il debito.

Mentre i cda che si sono succeduti nel tempo hanno lavorato per tentare di rendere sostenibile la posizione finanziaria di TeMa contemporaneamente continuavano le stagioni teatrali e gli altri impegni gestionali che generavano fatturato ma non sempre utili.  E qui è il nodo.  Quale rapporto c’è tra fatturato e costi?  La famosa azione di responsabilità che, come scritto nell’ultimo comunicato USB, il cda in carica nel 2005 propose all’assemblea dei soci forse sarebbe stata una vera linea di demarcazione tra il passato e il futuro.  Si è deciso di non seguire tale strada e di perseverare con l’ordinaria amministrazione.

Ora le casse continuano ad essere vuote, la finanza in pericoloso squilibrio e il perimetro di TeMa delineato.  Non si possono ancora fare voli pindarici.  Con il bando di affidamento e la partecipazione di TeMa si è definitivamente presa la strada dell’associazione privata partecipata anche dal Comune.  Addio sogni di gloria, allora?  Insomma la grande TeMa on è più attuale?  Forse sono maturi i tempi per ripensare l’intera politica gestionale del comparto cultura-formazione-alta istruzione-arte in mano al Comune sia in maniera diretta che tramite affidamenti e partecipazioni?  E’ questo il nodo da sciogliere.  TeMa è un’associazione privata, il Centro Studi una Fondazione di partecipazione, l’Associazione Adriano Casasole, anch’essa ha partecipato ad un bando di gestione, ergo è soggetto non pubblico.  Ritornare alla gestione totalmente in house potrebbe avere costi piuttosto alti soprattutto per la forte rigidità contrattuale del comparto pubblico.  Pensare ad un nuovo soggetto o all’allargamento del perimetro di uno dei soggetti esistenti potrebbe essere la strada maestra per ridare slancio ad un settore che sicuramente genera costi ma che a Orvieto non può e non deve mancare.  Il tutto restando autonomi senza pensare a matrimoni con altre realtà umbre che poi sappiamo bene come vanno a finire.

Dunque, TeMa o non TeMa questo è il primo problema ma il secondo, reale, è chi paga per il passato e chi gestirà il futuro di cultura, formazione, spettacolo e grandi eventi a Orvieto?  La partita è apertissima e la collaborazione tra istituzioni, privati, associazioni e fondazioni potrebbe rendere tutto agile, poco traumatico dal punto di vista occupazionale e sostenibile finanziariamente senza un unico soggetto a rischio, il Comune.

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