TeMa verso lo scioglimento e Teatro Mancinelli verso l’ignoto. Chi è che scappa?

di Franco Raimondo Barbabella – consigliere comunale

Penso che i problemi del mondo non passino per TeMa, ma la vicenda TeMa per Orvieto è importante sia in sé che per il destino del Teatro Mancinelli e con esso per la politica culturale della città e con ciò anche del ruolo che la città potrebbe avere come riferimento di un vasto territorio.

La mia posizione è semplice e chiara: sbagliato e colpevole aver ridotto TeMa a problema quando doveva essere una risorsa; sbagliato, e vedremo se anche poi colpevole, tentare di risolverlo con il bulldozer, per le conseguenze che ci possono essere; c ‘era un altro modo? si, c’era, e non era certo un invito a scappare ma esattamente il contrario.

Posso assumere questa posizione perché non sono invischiato né nelle vicende di TeMa né nei comportamenti delle amministrazioni che si sono succedute, tutte responsabili di aver sottovalutato e nascosto i problemi e appunto di essere scappate di fronte alle responsabilità. L’idea di tutti di fatto è stata che tanto alla fine pagherà Pantalone. Ma Pantalone s’è stufato e comunque non ha più un cent.

Come stanno dunque ora le cose? Sabato pomeriggio l’assemblea dei soci ha respinto le dimissioni del CdA e, com’era ovvio, non ha permesso al sindaco nemmeno di proporre di inserire all’odg la liquidazione dell’associazione. Mi chiedo: che bisogno c’era per la maggioranza di fare quella violenta forzatura nel Consiglio di giovedi 21? Dove era l’urgenza essendo evidente per il sindaco l’impossibilità di fare quella proposta all’assemblea? Lezione: le leggi fino ad oggi ancora valgono anche per chi vince pensando di aver stravinto per l’eternità.

Pare poi che i membri del CdA così costretti a rimanere in carica non se la sentano comunque di continuare e che la stessa assemblea verrà riconvocata presto con all’odg la liquidazione e la conseguente nomina del liquidatore. Ecco, qui si inizia una procedura corretta. Per me nulla quaestio dunque. Il problema che ho già posto e che continuo a porre è un altro, e riguarda l’Amministrazione civica: è questa la strada migliore per la città?

L’Amministrazione ha deciso di andare avanti senza nemmeno tentare un accordo che evitasse un contenzioso giudiziario. Legittimo, non vi è dubbio, purché si stia su un piano di correttezza. Ma quanto si deve considerare decisione politica (vi dimostro che io so decidere e me ne frego delle conseguenze) e quanto invece saggia decisione utile alla città?

E quale è il metro di misura? Per me è la possibilità di passare rapidamente ad una riapertura del teatro, riattivando la stagione teatrale e inserendo finalmente il teatro nel quadro di una politica culturale che rilanci il ruolo della città. Finora non ho percepito nelle posizioni e nei comportamenti dell’Amministrazione che questa sia la direzione di marcia. Mi pare invece che ci sia più che altro, al di là delle dichiarazioni roboanti di facciata, la volontà di coltivare le reazioni di pancia di una certa opinione pubblica secondo cui tutto si risolve dicendo un sonoro “Basta!”, dopo aver ignorato per anni la realtà e fregandosene comunque di ciò che potrà accadere.

Che cosa potrà accadere dunque? Difficile prevedere. Mi sento solo di dire: nulla di buono, almeno per un tempo al momento indefinibile. Perché è altamente probabile, anzi inevitabile, che inizi un contenzioso giudiziario difficile e lungo. E coloro che pensano che con ciò pagheranno i responsabili, proprio non hanno capito. Piuttosto, a me che rappresento quella parte di opinione pubblica che crede nella razionalità dei comportamenti finalizzata al bene collettivo (il teatro lo è), preme manifestare la preoccupazione che non si verifichino alcuni pericoli: che il teatro resti chiuso; che le persone che non sono responsabili di questa brutta situazione (certo i lavoratori, ma non solo i lavoratori) non paghino al posto di chi dovrebbe; che il Comune, cioè la collettività, non debba pagare in soldi e in conseguenze, nel caso temo rilevanti.

Una strada diversa a mio avviso si sarebbe dovuta esplorare. Sarebbe stato un atto di saggezza. Non si vuole fare? Chi lo ha deciso se ne assumerà le responsabilità. A proposito di responsabilità, chi è che scappa? Scappa chi, di fronte alla possibilità di dire con chiarezza “sono anch’io corresponsabile” e mi adopero responsabilmente di uscirne, cerca invece di scaricare su altri le colpe e il costo di un pur necessario risanamento, generando così un contenzioso che non si sa dove può portare.

Ripeto, da questa situazione si deve uscire, anzi è ben chiaro che lo si sarebbe dovuto fare da tempo, anche da parte di quelli che oggi strillano cercando di far dimenticare le proprie inadempienze. Perché tutto era chiaro da tempo, giusto? E ripeto anche, io dico solo quello che vedo, senza pretese di verità assoluta. Perciò sinceramente mi auguro di sbagliarmi rispetto ai pericoli che vedo oggi, e se constaterò che mi sono sbagliato lo riconoscerò. Ma una strada diversa, una modalità diversa, era possibile. Se non è stata scelta, appunto si tratta di una scelta, non certo di una via obbligata. Vedremo. La realtà imporrà la sua verità, come sempre.

 

 

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