Una piccola riflessione a margine del bilancio dell’8 per mille della Diocesi

Come ogni anno la Cei Umbria ha presentato il bilancio dell’8 per mille.  E’ un interessante spaccato della realtà sociale della Regione.  Interessante e allo stesso tempo drammatico guardando alle cifre.  Per quanto riguarda la sola diocesi di Orvieto-Todi nel 2018 il complesso della voce “Carità” ha impegnato 450.247 euro, in linea con quanto speso nell’anno precedente ma comunque una cifra importante che segna le grandi difficoltà che vivono le famiglie umbre in generale e soprattutto le fasce più deboli che non riescono ad emergere dalla povertà.

Andando a leggere più nel particolare la Diocesi di Orvieto-Todi ha aumentato le spese generali di oltre 38 mila euro in un anno mostrando grande sensibilità verso le cosiddette opere di carità, dato confermato dai numeri che vedono Orvieto-Todi sopravanzata solo dalle realtà episcopali più grandi come Perugia-Città della Pieve e Terni-Narni-Amelia.  Una interessante operazione della Caritas diocesana è quella della cooperativa sociale “Laboratorio Verde Crispolti” che ha il duplice compito di promuovere l’integrazione umana e lavorativa degli “ultimi” e di creare lavoro anche finanziariamente sostenibile soprattutto in ambito agricolo, vero settore primario della Regione.  Oggi i lavoratori della cooperativa producono olio, vino e miele e offrono servizi manutentivi e di pulizia ad enti pubblici e privati.

Tornando ai numeri è molto interessante il rapporto tra fondi impiegati e servizi erogati da Caritas Umbria nel settore alimentare.  La Diocesi di Orvieto-Todi a fronte ai 115 mila euro impiegati riesce ad erogare 355 mila euro di servizi alimentari raddoppiandone il valore economico in linea con quanto avviene nel resto dell’Umbria.  E’ questa la vera cartina di tornasole del grande impegno della diocesi tutta nei confronti della povertà o forse sarebbe meglio declinare al plurale, delle povertà che spesso rimangono nascoste, latenti lasciando però segni profondi e spesso indelebili nei corpi e soprattutto nelle anime degli ultimi.

Si deve reagire a queste richieste di aiuto, palesi e nascoste, con celerità e senza che venga interpretata come un obbligo, un onere, ma come un atto di “compassione” vera che non si attende una risposta, un feedback, come dicono quelli bravi; una volta si diceva “fai del bene ma non attendere che ti si dica grazie”.  E’ questa l’ottica del servizio e della carità che la Chiesa offre anche con l’8 per mille e con le tante donazioni private nonostante le difficoltà, i timori, le diffidenze che ci sono e che ogni tanto vengono avvalorate dai comportamenti di pochi che danneggiano il corretto operare di tanti che ogni giorno dedicano tempo al prossimo in maniera totalmente gratuita.

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