Tutti intorno a TeMa ma qualcuno pensa alla città, al teatro e al personale?

Su TeMa non c’è pace, o meglio non vi è serenità di giudizio anche perché c’è una corsa della politica a smarcarsi in tutta fretta dai veri punti nodali dell’intera questione.  Proviamo a ricapitolare tutto dall’inizio, prima che sabato 23 si consumi un probabilissimo scontro finale tutto politico e in punta di diritto, senza che si consideri minimamente il bene della città e dei dipendenti dell’associazione stessa.

Partiamo dal primo vero moloc: il debito.  

Non è nato sotto il cavolo o portato dalla cicogna ma sono ben conosciuti i genitori che hanno deciso di riempire di “pagherò” la TeMa.  Risulta veramente bizzarro che, chi ha amministrato nel passato, quasi sempre salvo la parentesi quinquennale di Concina tra l’altro con la famosa anatra zoppa, adesso scarichi tutta la colpa su chi oggi si trova a dover amministrare un bilancio pesantissimo e un futuro a termine piuttosto scuro.  Risulta difficile comprendere tutto questo sperticarsi da parte di chi per anni ha letto, riletto, approvato bilanci e stagioni teatrali senza preoccuparsi di chi alla fine avrebbe dovuto saldare il conto. Risulta ancora più difficile soprattutto chi oggi difende a spada tratta e fino a ieri alla solita domanda, “chi paga?” ha sempre risposto che il Comune non ha alcuna obbligazione o impegno in merito.   Proprio alla vigilia del nuovo bando, quello oggi in essere, l’allora maggioranza risposte duramente all’allora opposizione, ora maggioranza, che la via maestra era quella dell’affidamento con la gara perché l’associazione non è controllata dal Comune.

Giusto, eccoci alla seconda grande questione: la forma societaria ovvero l’associazione che non è di nessuno.

Cosa è cambiato dal 2017 ad oggi?  Nulla, TeMa è sempre un’associazione e il debito è sempre quello, più o meno. E allora perché oggi si chiede di “salvare” ciò che tecnicamente è un fallimento di fatto?  Il contratto in essere scade tra due anni e mantenere in vita un’azienda con un fardello tale equivarrebbe all’accanimento terapeutico.  Secondo una breve lettura del codice, poi, a dover temere sono gli amministratori degli ultimi cinque anni, anche se la gran parte del “rosso” deriva da tempi più remoti.  Il vero mostro giuridico sta proprio nella formula societaria prescelta per la TeMa; l’associazione è la formula che non soddisfa alcuno e che di solito si utilizza nei sodalizi sportivi dilettantistici o nel volontariato per rendere tutti partecipi nell’obiettivo finale, nello scopo sociale, senza che qualcuno comandi. Nella realtà anche nelle associazioni, si creano e si disfano maggioranze, ma almeno ufficialmente, si è tutti pari.  Tant’è che quando si varca la soglia di un istituto di credito la prima richiesta è la firma a garanzia di qualcuno, di solito uno o più soci a cui, magari, viene poi affidata de facto l’associazione stessa.

E per TeMa si è stabilito che la maggioranza dei consiglieri venga indicato dal Comune, socio ordinario e socio benemerito, che il presidente sia indicato sempre dal Comune, addirittura fin quando è stato possibile il presidente di TeMa coincideva con l’assessore alla cultura del Comune di Orvieto.  La sede di TeMa è all’interno del Teatro.  L’associazione non ha altre attività esterne alla gestione del Mancinelli.  Ma allora era giustificato il nostro dubbio sulla reale esistenza di TeMa, controllata e non solo partecipata dal Comune con due quote, una da ordinario e una da benemerito.  In pratica oggi assistiamo ad un soggetto privato esterno al Comune che ha partecipato ad un bando dove la maggioranza del consiglio di amministrazione è stato indicato da colui che ha poi deciso l’affidamento.  Questo stesso soggetto privato ha sede legale all’interno di un immobile di proprietà comunale con le utenze ancora in carico dello stesso Ente, mentre altre associazioni faticano a far quadrare il loro bilancio perché una delle voci principali è proprio il mantenimento della sede.    Trent’anni fa è stato costruito il mostro giuridico perfetto, ma sempre di mostro si tratta e oggi, con tutte le regole del gioco cambiate, è difficile venirne fuori se non con sacrifici più o meno grandi.

L’ultimo ostacolo, insormontabile hic stantibus rebus, riguarda la situazione finanziaria di TeMa. 

Il debito supera abbondantemente il milione di euro a fronte di entrate che derivano, salvo revoca della concessione, dalla quota annuale per l’organizzazione della stagione teatrale da parte del Comune, le quote sociali e il bar del teatro.  Tra l’altro la prima voce di attivo e la terza andrebbero a terminare nel 2021 quando si dovrà procedere ad una nuova gara per l’affidamento del teatro.  L’esperto senza molti giri di parole ha definito la situazione “apparentemente senza via d’uscita”.  A salvare TeMa dovrebbe essere un ipotetico cavaliere senza macchia e senza paura pronto ad accollarsi il debito monstre a fronte di poco o nulla salvo gli onori.

E ora per il futuro?

Il prossimo futuro è sicuramente fumoso.  Si prospetta una guerra tra avvocati, carte bollate e ricorsi che nulla ha a che vedere con il Teatro che è schiacciato in mezzo tra due giganti, TeMa con il suo debito e il Comune che vuole assolutamente scrollarsi di dosso il debito “limitando” i danni a poco più di un milione nella peggiore delle ipotesi.  Schiacciati dai due giganti ci sono i lavoratori, già oggi senza stipendio, altro incremento del debito, da alcuni mesi e che non vedono prospettiva essendo chiaro che, al massimo l’agonia potrà durare fino al 2021 e non oltre e senza grandi garanzie.

Andando a spulciare il codice balena l’ipotesi che a pagare possano essere gli amministratori degli ultimi cinque anni e, in seconda battuta gli stessi soci, ma solo in alcuni specifici casi.  Vale la pena rischiare? Vale la pena arrivare ad un duello all’arma bianca, un corpo a corpo, mettendo in secondo piano il bene della città?  Vale la pena lasciare nel buio più totale i lavoratori di TeMa?

La decisione presa dal sindaco e appoggiata dal sindacato è di buon senso, non si può andare avanti così e non può reggere l’adagio “la cultura costa”.  Ora si deve tornare a programmare e a collaborare anche con il privato che non è il male assoluto, basta controllare seriamente.  La forma societaria è un tema da discutere, certamente, ma non il più urgente.  Ora abbiamo da affrontare l’assicurazione che i dipendenti non vengano a soffrire più di altri e che il teatro non rimanga desolatamente con le luci spente per un lungo periodo.  Se bisogna sedersi intorno ad un tavolo è questo il momento ma con la condizione che chi ha causato il debito di TeMa, chi ha creato il mostro giuridico dell’associazione non torni protagonista del nuovo corso che per essere tale deve partire da zero, dalla valorizzazione delle professionalità e delle competenze, prima di tutto, senza intrecci che non riescono mai bene.  Ognuno operi nel suo campo per raggiungere il duplice obiettivo, dimostrare la propria professionalità e dare ad Orvieto un teatro libero, indipendente e centro propulsore di un modello di business legato alla cultura e agli spettacoli, perché anche con questi “si mangia”.

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