Cifre e numeri del voto orvietano e possibile futuro prossimo

A voti scrutinati iniziamo la considerazioni orvietane sui numeri.  Ora li abbiamo e possiamo confrontarli con quelli del 2013, che oggi sembra quasi un secolo fa. I dati sono freddi ma impietosi, non si può barare.  Partiamo dal partito di maggioranza relativa ad Orvieto, il PD, guidato da Andrea Scopetti e con il sindaco Giuseppe Germani. Nel 2013 prese il 33% oggi il 25,99% un calo secco che non lascia alcuna possibilità di replica.  Non è bastato Cesare Damiano, uomo elegante, moderato, puntiglioso e l’unico vero VIP dei collegi uninominali dell’Umbria.  Niente, il PD è il secondo partito della città.  E non nascondiamoci dietro LEU perché a ben guardare trae origine dalle ceneri di SEL che nel 2013 prese il 4,4%.  Il partito di Grasso ha preso il 2,8% e allora dove sono finiti i voti in libera uscita da PD e SEL? Qualche spicciolo è andato alla sinistra più estrema, compreso il risultato inglorioso di Ingroia sempre del 2013.  Manca all’appello l’8,61%. 

Qualcuno ha indicato il M5S come l’aspirapolvere dei voti del partito di Renzi. Andiamo a vedere.  Nel 2013 il movimento di Grillo prese il 29.6%; oggi a distanza di cinque anni lo stesso partito si è “fermato” al 28% perdendo di fatto l’1,6%.  Ricapitoliamo al vecchio centro-sinistra manca più o meno l’8% ai pentastellati l’1,6%: dove sono andati a finire?  Forse riusciamo a svelare l’arcano, almeno in parte.  Andando a guardare i dati aggregati del centro-destra ecco che nel 2013 prese il 22.2% mentre questa volta ha raggiunto il 30.6% con un saldo positivo dell’8,4% praticamente quello che ha perso il PD.  Certo qui il traino di Andrea Sacripanti è stato fondamentale per il risultato finale della Lega che è passata dallo 0.3% al 18.08% in cinque anni. 

In parte sarà stato sicuramente merito di Salvini e del suo tour continuo in giro per l’Italia ma il candidato nel listino plurinominale in posizione scarsamente eleggibile ha avuto il suo peso, determinante. Per andare pari si deve dare un occhio all’anagrafe con i neo-elettori che avranno avuto il loro peso specifico, anche se ben mascherato a differenza di quanto avvenuto in altre parti d’Italia.

Tutti questi calcoli sono un esercizio virtuale e nulla di più ma sono una possibile lettura dei dati definitivi di Orvieto che presentano un PD in caduta libera ma che con le unghie e con i denti cerca di resistere in parte riuscendoci.  La città si prepara ad un anno lunghissimo di campagna elettorale con il M5S primo partito, il Pd alle sue spalle distanziato di poco più di 2 punti percentuali.  Poi viene la Lega di Salvini che con il 18% si candida a guidare l’eventuale coalizione di centro-destra se unitaria.  L’incognita vera riguarda la lista civica Per Andare Avanti e tutta un’area di dissenso e scontento che potrebbe sfociare in un listone trasversale che punta a raccogliere gli “orfani” di partitini ormai spariti o con percentuali da prefisso telefonico, “influencer”, per utilizzare un termine moderno, il mondo della sanità, che è in libera uscita dal recinto stretto di controllo del PD umbro, e un pezzo di commercio del centro storico.  Idea buona, anzi buonissima ma che rischia di trasformarsi in una sorta di Torre di Babele in miniatura, litigiosa e totalmente isolata dal resto del panorama politico regionale e nazionale.  Al giro, infatti, non parteciperebbe il M5S che probabilmente sceglierà il proprio candidato con le primarie 2.0 e non farà alleanze con nessuno in splendido isolamento puntando sul secondo turno, dato già per scontato, e una base di partenza del 30% più o meno.

Per fare nomi è ancora molto presto anche perché nel PD non vi è nulla di chiaro e anche nel centro-destra ancora non sono ben definiti i rapporti di forza e soprattutto i nuovi equilibri interni ai vari partiti che dovrebbero far parte della coalizione.  L’unico partito certo della sua forza è il  M5S che ora riparte da un candidato alla Camera arrivato secondo e una capogruppo in consiglio comunale, un possibile ticket di tutto rispetto per affrontare la lunga marcia di avvicinamento alle elezioni amministrative del 2019 e, in prospettiva a quello regionali del 2020.

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