Il Venerdì 13 di BPBari. Banca commissariata e maggioranza divisa al consiglio dei ministri che non decide

E’ stato veramente un venerdì 13 in classico stile horror per la Banca Popolare di Bari ma non solo; il governo traballa e al consiglio dei ministri convocato d’urgenza per discutere e decidere sull’istituto pugliese le forze di maggioranza arrivano divise con Italia Viva che non partecipa in aperta polemica in particolare con il M5S.  Andiamo con ordine.  Nel pomeriggio del 13 Bankitalia rompe gli indugi e convoca il cda della banca per comunicazioni di vigilanza.  Arrivano i commissari straordinari Enrico Ajello e Antonio Blandini con Livia Casale, Francesco Fioretto e Andrea Grosso come componenti del comitato di sorveglianza con l’incarico di presidiare la situazione aziendale, predisporre le attività necessarie alla ricapitalizzazione della banca e per la finalizzazione dei negoziati con i soggetti che hanno già manifestato interesse a intervenire nel rilancio della stessa.    Lo schema per il salvataggio è noto da tempo: Fondo di tutela del risparmio e MCC, controllata da Invitalia del MEF.  Alle 23 del 13 dicembre il consiglio dei ministri dimezzato si conclude e il ministro Gualtieri spiega che “è stata espressa la determinazione ad assumere tutte le iniziative necessarie a garantire la piena tutela degli interessi dei risparmiatori e a rafforzare il sistema creditizio a beneficio del sistema produttivo del sud, in maniera pienamente compatibile con le azioni di responsabilità volte ad accertare le ragione che hanno condotto al commissariamento della banca”.  C’è poco da tradurre perché Italia Viva spiega che non accetta modi e metodi mentre Di Maio, assente, spiega “salveremo i risparmiatori e non i banchieri”.  Ma per salvare i risparmiatori si deve salvare la banca, per i banchieri ci saranno i tribunali che già si sono mossi compreso il cda che proprio il 12 dicembre ha deliberato l’avvio di un’azione di responsabilità nei confronti dei precedenti amministratori.  In caso di crac vero e proprio, è bene ricordarlo, infatti, le norme sul bail-in prevedono che in prima istanza a copertura delle perdite vengano chiamati in causa azionisti, obbligazionisti e correntisti della banca.  I 69mila soci oggi hanno azioni con valore praticamente azzerato, il bond acquistato dai risparmiatori da 213 milioni scade nel 2021 mentre gli attivi sui conti correnti ammontano a circa 2,2 miliardi di euro.

Per salvare BPBari lo schema pensato da Bankit e non solo vede l’ingresso del Fondo di Tutela dei Depositi, costituito dalle banche operanti in Italia pro-quota così come successo per Carige, e di MCC controllata da Invitalia con il MEF che però deve capitalizzare per circa 1 miliardo.  Qui serve l’intervento del consiglio dei ministri.  Il prossimo appuntamento è previsto per lunedì pomeriggio ma molto probabilmente il premier Conte cercherà di chiudere la partita entro domenica a mercati chiusi e prima che riparta la settimana operativa bancaria per evitare possibili contraccolpi per lo stesso istituto e per la controllata CRO.  Anche BPBari interviene direttamente con un comunicato nel quale spiega: “la banca prosegue regolarmente la propria attività.  La clientela può continuare ad operare presso gli sportelli con la consueta fiducia”.

I tempi stringono.  La trattativa per la cessione della partecipazione di controllo in CRO con SRI Group sembra essere ferma e il Fondo Interbancario ha già in agenda due riunioni per il 18 e il 20 dicembre, due date che potrebbero avere all’ordine del giorno proprio il piano di salvataggio dell’istituto pugliese. Il Fondo attende, tecnicamente, una richiesta d’aiuto con tanto di piano industriale che abbia in primo piano la necessità di capitale fresco.  Il Fondo però vuole che al suo fianco ci sia un partner industriale, cioè MCC controllata dal MEF.  La Popolare ha fretta, servono risposte certe in termini di capitale visto che a giugno 2019 i crediti deteriorati lordi hanno toccato i 2 miliardi di euro contro un accantonamento medio del 20% mentre la media bancaria nazionale è di almeno il doppio e questo potrebbe aprire una nuova falla nei conti di altri 200 milioni di euro al 31 dicembre 2019.

Serve una decisione in tempi molto brevi per dare certezze e aprire la strada all’iter di vera e propria ricapitalizzazione, sistemazione dei conti, rilancio della banca con l’ingresso di uno o più partner industriali forti in grado di assicurare un futuro tranquillo per l’unico istituto di credito di medie dimensioni ancora presente al Sud Italia.

Comments

comments

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*